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Sì al piano casa in Sicilia

La commissione Territorio dell’Ars ha approvato il ddl che consente ai proprietari di ampliare gli immobili fino al 20% della cubatura o al 35% se il bene viene demolito e ricostruito. Il disegno è pronto per il voto d’aula. Bernava (Cisl): “Provvedimento anti-crisi utile ma tardivo”

PALERMO – In Sicilia i proprietari di immobili potranno ampliare gli edifici fino al 20% della cubatura, limite che può arrivare al 35% se il bene residenziale viene demolito e ricostruito e al 25% per le strutture destinate ad attività produttive. Unico obbligo è di utilizzare tecniche costruttive di bioedilizia. Via libera anche a parcheggi in aree verdi o agricole nei centri urbani e alla chiusura di verande e terrazze (non oltre i 50 metri quadrati).

È quanto prevede il piano casa approvato ieri dalla commissione Territorio dell’Assemblea regionale siciliana e pronto per essere portato in aula per il voto finale. Il disegno di legge è stato licenziato, dopo varie modifiche e riscritture del testo che ne hanno rallentato l’iter. Il ddl è composto di 12 articoli e il governo è intenzionato a presentare in aula alcuni emendamenti, per esempio la possibilità di demolire un rudere e costruirlo in un’altra area sfruttando l’ampliamento.

Il ddl permette di ampliare (esclusi immobili che hanno beneficiato di sanatorie), fino al 20%, edifici unifamiliari o bifamiliari, ultimati entro il 31 dicembre del 2008, purchè in regola con il catasto e con il pagamento della tassa sui rifiuti (tarsu) e dell’Ici (fino a un limite di 150 metri cubi). La possibilità di demolire e ricostruire l’immobile (anche sanato), ampliandolo fino al 35%, è consentita per gli edifici realizzati entro il 2003. Chi vorrà potrà creare stanze in veranda e nelle terrazze (fino a 50 mq). La legge consente di derogare ai piani regolatori generali e di risparmiare sugli oneri concessori: 20% in meno e 30% se prima casa, 50% per chi demolisce e ricostruisce.

Per tutelare il paesaggio i comuni, entro tre mesi, possono stabilire in quali aree non è possibile demolire e ricostrure immobili, scaduti i termini i proprietari hanno tempo due anni per presentare le richieste. Per esaminare le pratiche, in ordine cronologico, i comuni potranno assumere consulenti con contratti di collaborazione. La legge eslcude gli immobili pubblici, quelli in aree demaniali, in zone a rischio idrogeologico, in zone naturalistiche e forestali.

“Il piano casa è una buona notizia perchè è un vero provvedimento anti-crisi, utile anche se tardivo -secondo il segretario della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava – Al governo della Regione chiediamo ora di mettere all’ordine del giorno la riorganizzazione degli uffici tecnici, nel territorio, per le necessarie attività di vigilanza e controllo”. Il segretario Cisl dà anche atto alle forze politiche di aver “raccolto l’appello ripetutamente lanciato dal sindacato nelle scorse settimane, per dare il via a un provvedimento che facendo leva su capitali privati, è in grado di rimettere in moto economia e occupazione. Quando il dialogo tra politica e forze sociali si sviluppa senza pregiudizi – sostiene Bernava – i risultati arrivano”.

La Cisl chiede ora a governo e Ars di “accelerare al massimo l’iter di approvazione della legge, mantenendo ferma la rotta in direzione di sicurezza del lavoro, diritti sociali e contrattuali ed efficienza energetica di materiali e tecniche di costruzione”.

Fonte: LaSiciliaWeb.it

http://www.lasiciliaweb.it/index.php?id=34189&template=lasiciliaweb

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Il mutamento di destinazione d’uso

La modifica dell’originaria destinazione d’uso di un fabbricato richiede particolari procedure autorizzative a seconda che il mutamento comporti o meno l’esecuzione di opere edilizie. Vediamo quale la disciplina applicabile e, in attesa della normativa regionale di attuazione, quali le direttive tracciate dalla giurisprudenza.

Tanto il valore economico di un edificio, quanto il peso urbanistico che il fabbricato induce sul territorio (in termini di necessità di spazi per servizi pubblici o di uso pubblico, quali parcheggi, aree a verde, scuole, cosiddetto standard urbanistico) derivano chiaramente dalle destinazioni d’uso legittimamente in atto ed acquisibili. Non può allora sfuggire il rilevante significato che il mutamento della destinazione d’uso assume sia rispetto alle aspettative ed alle valutazioni dei privati, sia in ordine alla concreta articolazione dell’azione amministrativa volta al più incisivo e razionale governo del territorio. Tali considerazioni risultano oggi sensibilmente amplificate dall’attenzione che gli operatori del settore immobiliare riservano al riuso del patrimonio edilizio esistente ed al correlato risparmio del territorio non ancora interessato dal processo di conurbazione. La definizione del quadro di legittimità entro cui il mutamento di destinazione si colloca e gli sviluppi della normativa regionale ormai prossimi, specie in Lombardia, sono dunque di primario interesse.

NORMATIVA STATALE DI RIFERIMENTO

Ai sensi della legge n. 10 del 1977, ogni attività comportante la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio è soggetta a concessione edilizia, il cui rilascio è subordinato alla verifica di conformità rispetto alle previsioni di legge e dei regolamenti locali (Piano regolatore generale e Regolamento edilizio) ed al pagamento, salvo eccezioni, del correlato contributo (art. 3, legge n. 10/77). Al regime concessorio sono assoggettati, in buona sostanza, gli interventi più rilevanti: vale a dire quelli di nuova edificazione e di ristrutturazione edilizia ed urbanistica (secondo le più recenti leggi della Toscana e della Lombardia, essi possono essere assoggettati anche a Denuncia di Inizio Attività, cosiddetta SUPER D.I.A., previo il pagamento del correlato contributo nella misura liquidata direttamente dall’interessato). D’altro lato, a parte le opere di ordinaria manutenzione, che possono essere liberamente realizzate, gli interventi cosiddetti minori (aventi di norma carattere manutentivo, cfr. art. 31, legge n. 457/7 8 ed articolo 4, legge n. 493/93) sono soggetti ad autorizzazione edilizia gratuita, ovvero a Denuncia di Inizio Attività (secondo cui, trascorsi venti giorni dalla denuncia dei lavori asseverati come conformi, le opere possono essere avviate). Il quadro così delineato è completato dalle previsioni dell’art. 25 della legge n. 47/85 che, nel testo attualmente vigente (come introdotto dall’art. 2, comma 60, della legge n. 662/96, collegato alla Finanziaria ’97), recita: “Le leggi regionali stabiliscono quali mutamenti connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, subordinare a concessione, e quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti siano subordinati ad autorizzazione”.

IL MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D’USO IN DIFETTO DI LEGISLAZIONE REGIONALE ATTUATIVA

In attesa della normativa regionale di attuazione della trascritta disposizione di legge, la disciplina del mutamento di destinazione d’uso si è oggi ormai consolidata, secondo le seguenti direttive tracciate dalla giurisprudenza.

Il mutamento di destinazione d’uso strutturale

Ogni mutamento di destinazione d’uso del patrimonio edilizio esistente, che sia conseguito attraverso la realizzazione di opere (cosiddetto mutamento strutturale), è soggetto al regime che governa le opere medesime. Conseguentemente, e sul presupposto della piena conformità delle opere da compiersi e della destinazione insedianda, il mutamento di destinazione da residenza a studio professionale sarà soggetto a concessione edilizia (ovvero, in Lombardia ed in Toscana, a SUPER D.I.A.) ove sia conseguito attraverso interventi edilizi riconducibili alla definizione di ristrutturazione edilizia (1), sarà invece subordinato ad autorizzazione edilizia, ovvero a D.I.A., qualora l’approntamento dello studio richieda, per esempio, semplici opere di risanamento conservativo dell’unità immobiliare (2). Da tanto consegue che l’introduzione, con opere, di funzioni non consentite dal PRG, sia ostacolata attraverso l’irrogazione delle sanzioni previste per l’indebita realizzazione delle opere stesse (ordinanza di riduzione in pristino e sanzioni penali per il difetto o la difformità dalla concessione; sanzione meramente pecuniaria per il difetto o la difformità dall’autorizzazione edilizia o dalla D.I.A.). È infine doveroso ricordare l’insegnamento della Corte costituzionale (decisione n. 73 del 1991) che, per mutamento di destinazione strutturale, ha inteso quello accompagnato dalla realizzazione di opere connesse con modifiche strutturali dell’immobile”, ossia con “variazioni essenziali “del progetto” e “comportanti variazione degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968”.

Il mutamento di destinazione d’uso funzionale

Rispetto al mutamento d’uso senza opere edilizie allo stesso preordinate (cosiddetto mutamento funzionale), l’approdo del travagliato iter giurisprudenziale può riassumersi nella sostanziale libertà di introdurre qualsivoglia utilizzo dei fabbricati esistenti, anche qualora la nuova insedianda funzione risulti difforme (non consentita) dalle previsioni del piano regolatore. “In linea di principio e fatte salve le eventuali normative regionali, il mutamento di destinazione d’uso assume rilevanza, sotto il profilo urbanistico ed edilizio, solo se collegato all’esecuzione di opere tese a rendere l’immobile strutturalmente idoneo a un uso differente dal precedente. Diversamente il mutamento d’uso cosiddetto funzionale deve ritenersi libero, non soggetto ad alcun provvedimento concessorio o autorizzatorio”(3). In altre parole, sempreché l’intervento non abbisogni la realizzazione di opere edilizie (nel senso individuato dalla Corte costituzionale), un fabbricato esistente può essere destinato a qualsiasi funzione, in via di fatto, senza richiedere il permesso dell’amministrazione comunale. In tale senso, la diffusa esperienza dei Comuni lombardi (Milano in testa) ha introdotto la comunicazione a posteriori allo stesso Comune dell’intervenuto mutamento funzionale della destinazione, corredata dalla prova dell’avvenuto conforme riaccatastamento dell’unità immobiliare interessata dal cambio d’uso. Alla luce di quanto premesso, l’unica possibilità che l’assenza della normativa regionale lascia all’amministrazione di ostacolare l’introduzione (attraverso mutamenti senza opere) di funzione non consentite dal PRG, consiste nell’assunzione delle sanzioni – di carattere anche inibitorio – che conseguono al verificato difetto dei requisiti igienico sanitari imposti per l’esercizio di talune attività (si pensi all’esercizio di una pasticceria in locali che, in quanto realizzati secondo una difforme destinazione, risultino sprovvisti dei requisiti minimi di salubrità).

Costituzione di nuova volumetria

Secondo una recente tesi giurisprudenziale, il normale mutamento di destinazione d’uso sin qui considerato, che avviene tra diverse funzioni comunque concorrenti alla costituzione della volumetria urbanistica dell’immobile (rispetto alla quale è stata verificata e soddisfatta la dotazione di aree per servizi pubblici), non deve confondersi con le operazioni che – al di là del loro sviluppo con o senza opere – conducono a dare autonomo peso urbanistico a locali (normalmente non deputati alla presenza di persone) che, secondo l’originario titolo abilitativo alla costruzione, non incidevano nella determinazione del peso urbanistico del fabbricato. Al riguardo, è stato sentenziato che tali operazioni (in sostanza assimilabili a veri e propri ampliamenti, ancorché realizzati senza opere) necessitano del preventivo rilascio di concessione edilizia onerosa. “Nel caso in cui una norma di piano regolatore diversifichi la volumetria dei manufatti edilizi (cioè il computo dei volumi ai fini urbanistici e non il volume come dato di fatto) a seconda della destinazione d’uso, il mutamento di quest’ultima, anche se attuato senza lavori edilizi, è soggetto a concessione edilizia”(4). Pertanto secondo la decisione trascritta, in difetto di concessione, l’utilizzo indebito deve considerarsi abusivo ad ogni effetto e passibile di sanzione anche sotto specie di ordinanza di riconduzione dell’immobile all’originaria funzione non costituente volumetria urbanistica.

Onerosità del mutamento di destinazione d’uso funzionale

Sempre ai sensi della recente giurisprudenza, sebbene il mutamento di destinazione d’uso senza opere non possa essere oggetto di concessione edilizia ovvero di autorizzazione (in difetto delle leggi regionali attuative dell’art. 25 citato), lo stesso deve essere comunque assoggettato al pagamento del contributo concessorio, nella misura pari alla differenza tra l’onere sopportato in sede di rilascio dell’originaria concessione edilizia e quello maggiore correlato alla destinazione introdotta. “La modifica della destinazione d’uso dell’immobile oggetto di costruzione comporta l’onere del pagamento del contributo di urbanizzazione, indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie”(5). Non risultano, invero, precedenti afferenti al caso in cui la nuova destinazione costi meno di quella originaria e, quindi, che considerino il diritto del concessionario di vedersi restituito l’onere pagato in esubero.

LA NUOVA LEGGE DELLA REGIONE LOMBARDIA

Nell’ambito della revisione della propria legislazione urbanistica, la Regione Lombardia, con la deliberazione consiliare n. 193 del 16 febbraio 2000, ha finalmente adempiuto al prescritto dell’art. 25 della legge n. 47/85, disciplinando compiutamente il mutamento di destinazione d’uso. Come è noto, la proposta di legge regionale è stata bloccata dal Governo, che l’ha rimessa al Consiglio regionale. La conferma nelle recenti elezioni della coalizione politica alla guida della Regione ed il rilievo che la legge, per la parte che qui interessa, non sia interessata dai rilievi governativi, conducono tuttavia a ritenere che il testo in appresso considerato assumerà a breve piena vigenza.

Mutamenti d’uso e strumentazione urbanistica

Il testo di legge affronta il tema a partire dal momento pianificatorio, correttamente demandando ai Comuni, in sede di revisione del PRG, l’individuazione per singole zone omogenee delle destinazioni incompatibili. Recita infatti il comma 2 dell’art. 1: “I Comuni indicano, attraverso lo strumento urbanistico generale, le destinazioni d’uso non ammissibili rispetto a quelle principali di singole zone omogenee od immobili. In tutti gli altri casi il mutamento di destinazione d’uso è ammesso”. Sempre a livello di piano regolatore, i Comuni saranno altresì tenuti ad indicare in quali casi le trasformazioni con opere di aree e di edifici ammissibili attuati con opere edilizie comportino un aumento, ovvero una variazione del fabbisogno di standard. Per quanto riguarda i mutamenti di destinazioni d’uso ammissibili non comportanti la realizzazione di opere edilizie, le suddette indicazioni possono concernere esclusivamente i casi in cui le aree o gli edifici vengano adibiti a sede di esercizi commerciali non di vicinato (aventi superficie espositiva superiore a 150, ovvero a 250 mq., nei Comuni, rispettivamente, con popolazione inferiore e superiore a 10.000 abitanti).

Mutamento strutturale e funzionale

In tale quadro, la disciplina del mutamento di destinazione d’uso è articolata a seconda che lo stesso si accompagni o meno alla realizzazione di opere edilizie. I mutamenti strutturali, conformemente alla conclusione già raggiunta dalla giurisprudenza, sono soggetti alla medesima concessione, autorizzazione o denuncia d’inizio attività richiesta per la particolare categoria di intervento, cui siano riconducibili le opere da realizzarsi. D’altro lato, rispetto ai mutamenti funzionali, la legge regionale imporrà esclusivamente la “preventiva comunicazione dell’interessato al Comune, ad esclusione di quelli riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui superficie lorda di pavimento non sia superiore a mq. 150, per i quali la comunicazione non è richiesta”.

Adeguamento degli standards urbanistici

Per il mutamento di destinazione con opere, così come per quello meramente funzionale ove indirizzato all’insediamento di spazi commerciali non di vicinato, l’interessato dovrà comunque assicurare al Comune la dovuta integrazione degli standards urbanistici (eventualmente anche mediante monetizzazione, ove sia dimostrata l’impossibilità di provvedere al concreto reperimento degli spazi richiesti), attraverso la stipula di una convenzione, ovvero il deposito di un atto unilaterale d’obbligo, che recepiranno quanto previsto dal PR.G., per ciascuna zona omogenea, in termini di necessario adeguamento degli spazi pubblici a seguito di modifica delle destinazioni d’uso in atto.

Sanzioni

Quanto sin qui esposto vale per i mutamenti di destinazione comunque conformi alle previsioni di PRG, nei casi di difformità, invece, le conseguenze variano a seconda che la variazione sia strutturale (“nel qual caso si ha l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla vigente legislazione per la realizzazione di opere in assenza o in difformità dalla concessione o dall’autorizzazione edilizia, ovvero in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività”) ovvero funzionale. In quest’ultima ipotesi, “si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari all’aumento del valore venale dell’immobile o sua parte, oggetto di mutamento di destinazione d’uso, accertato in sede tecnica e comunque non inferiore a lire due milioni”. Con tale ultima previsione si chiuderà, in Lombardia, il vuoto normativo che attualmente impedisce alle amministrazioni comunali di perseguire i cambi d’uso realizzati senza l’approntamento di opere edilizie. Sebbene alla indicata sanzione necessariamente si accompagni l’adeguamento del contributo concessorio originariamente versato, oltre all’integrazione degli standards urbanistici (sempreché la nuova funzione sia quella commerciale non di vicinato), è debito ritenere che la pena sia comunque limitata e certo non sempre idonea a precludere l’insediamento di quelle funzioni, che pure, in una data zona e per le più valide ragioni, il PRG dovesse espressamente dichiarare inammissibili.


Note:

(1) Art. 31, lettera d, legge n. 457/78, ‘interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”.

(2) Art. 31, lettera c, legge n. 457/78, “interventi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili”.

(3) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n. 159 del 10 marzo1999.

(4) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n. 77 del 28 gennaio 1997.

(5) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n. 529 del 23 maggio 1997.

Autore: Avv. Guido Alberto Inzaghi Consulente legale Fiaip

Fonte: Mediarecord

http://www.mediarecord.com/home.html?LegImm.html~mainFrame

«Altro che legge Attila, il piano casa migliorerà la qualità della vita»

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE CHIODI ILLUSTRA NEL DETTAGLIO LA NUOVA NORMATIVA

Edilizia: un’opportunità per imprese e cittadini «attraverso tecniche di costruzione biocompatibili e contro ogni logica di speculazione»

L’AQUILA «E’ ingeneroso definire “legge Attila” il nuovo piano casa che, al contrario, rappresenta un’opportunità per i cittadini, le imprese e lo sviluppo dei Comuni abruzzesi attraverso tecniche di costruzione biocompatibile e sicure, contro ogni logica di speculazione edilizia». E’ questo, secondo il presidente della Regione Gianni Chiodi, il reale obiettivo della legge denominata “Intervento regionale a sostegno del settore edilizio” (comunemente conosciuta come piano casa), approvata dal Consiglio regionale il 4 agosto scorso e ormai di prossima pubblicazione sul Bura. «Il piano casa – ha aggiunto Chiodi – garantirà il rilancio di un settore economico, migliorerà la qualità energetica degli edifici e preserverà l’attuale patrimonio immobiliare esistente che verrà, al contempo, riqualificato». Il testo di legge agisce su due direttrici: la prima consente agli edifici aventi il 50% della superficie destinata a uso residenziale un aumento del 20% della superficie esistente e, comunque, non superiore a 200 metri quadri ed un ampliamento di almeno 9 metri quadri per gli edifici esistenti di modeste dimensioni. «Tale ampliamento – ha spiegato il Governatore – deve essere realizzato in coerenza architettonica e progettuale in contiguità orizzontale o verticale rispetto al fabbricato esistente. Gli interventi non potranno essere effettuati nei nuclei antichi (che saranno individuati dai Comuni), nelle aree ad elevato rischio idrogeologico e nelle aree di inedificabilità assoluta». Previste, inoltre, delle prescrizioni per gli immobili ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1 e 2: gli ampliamenti saranno consentiti solo per gli edifici dotati di certificazione antisismica, per tutti gli altri sarà necessario mettere a norma l’intero stabile prima di avanzare l’istanza (entro 24 mesi dalla pubblicazione sul Bura, per tutta la durata dell’emergenza nelle zone del cratere) per l’ampliamento. Il piano casa prevede, poi, per tutti coloro che promuoveranno interventi straordinari di demolizione e ricostruzione degli immobili la possibilità di aumentare del 35% la superficie utile esistente «purchè risultino utilizzate le tecniche costruttive della bioedilizia e che sia previsto l’utilizzo di energia rinnovabile – ha detto il Presidente –; tale opportunità viene ampliata sino al 65% se il proprietario dell’immobile realizzerà e cederà ai Comuni parcheggi, aree a verde attrezzato o altre opere di urbanizzazione». Previsti, inoltre, contributi per la ricostruzione e incentivi, mentre saranno i Comuni a vigilare sul rispetto delle regole per l’ampliamento o ricostruzione degli immobili. «Per sottotetti e strutture ricettive – ha chiosato Chiodi – il provvedimento arriverà a settembre, mi auguro anche con il contributo positivo dell’opposizione come accaduto per il piano casa. La maggioranza è forte e non ha bisogno di mostrare i muscoli se il dialogo è costruttivo».

Autore: Giorgio Alessandri

Fonte: Il Tempo

http://iltempo.ilsole24ore.com/abruzzo/2009/08/12/1058198-altro_legge_attila_piano_casa_migliorera_qualita_della_vita.shtml

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