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Agenti Immobiliari e Immobili Pubblici
Olivati risponde a Pelliccioli
Rispondo volentieri all’editoriale di Guglielmo Pelliccioli “Immobili pubblici. E gli agenti dove sono?” (pubblicato su Quotidiano Immobiliare), condividendo in pieno l’insostituibilità del ruolo degli agenti immobiliari professionali nella valutazione e valorizzazione degli immobili di proprietà degli enti pubblici in senso lato (PA, fondazioni, opere pie ecc.). Mi si passi la battuta: gli agenti immobiliari stanno al mattone come i taxisti stanno alla viabilità; fare a meno della loro competenza è semplicemente controproducente. Pelliccioli lancia una provocazione: cosa fanno le associazioni degli agenti immobiliari per proporre la loro privilegiata conoscenza del mercato immobiliare ai gestori di questi immensi patrimoni?
Non sta a me rispondere per le iniziative sul piano nazionale; posso però portare l’esperienza dei rapporti di Fiaip Bergamo (la Federazione italiana agenti immobiliari professionali) con gli enti locali. Abbiamo bussato a molte porte, Comuni (a partire da Bergamo), Provincia e altri enti e fondazioni, proponendo il nostro know-how e l’ “Osservatorio Fiaip dei prezzo degli immobili di Bergamo e provincia”, che pubblichiamo tutti gli anni con i valori, l’analisi statistica e le previsioni di mercato relativi ai 43 quartieri di Bergamo e 244 comuni della provincia. Abbiamo sempre suscitato interesse, partecipando al dibattito urbanistico sui nuovi Piani di governo del territorio di Bergamo, Treviglio e Dalmine, i tre maggiori comuni della provincia. Discorso diverso per la gestione dei patrimoni immobiliari, dove, nonostante la nostra disponibilità verso gli enti pubblici, nessuno ha mai pensato di usufruire dei nostri servizi. Non sarà (il tarlo ci rode) che la governance di questi enti di gestione di così importanti patrimoni della collettività sia fatta col manuale Cencelli della spartizione politica, e alla competenza si preferisca l’appartenenza alle logiche di scuderia? Forse che Fiaip sia troppo super partes e non partiticamente targata per lo spoil system politico-territoriale, dove l’asso che vince piglia tutto? E’ chiaro che non mi sto riferendo solo a Bergamo, ma all’intera realtà nazionale.
Sperando di essere smentiti concretamente, ribadiamo la nostra disponibilità al servizio degli enti pubblici per la stima e valorizzazione (attraverso vendita o locazione) del “mattone pubblico”.
Per l’editoriale di Guglielmo Pelliccioli su Quotidiano Immobiliare clicca qui
GIULIANO OLIVATI
PRESIDENTE FIAIP BERGAMO
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Via Quarenghi al bivio: dinamiche del Mercato Immobiliare
I fatti, i dati e i valori di mercato. Partiamo da quelli. Via Quarenghi è una strada segnata dalla duplicità, divisa in “alta” e “bassa”. La parte alta, da Via Zambonate all’incrocio Spaventa/Palazzolo, è un borgo storico di qualità con i palazzi nobiliari dotati di splendidi giardini nascosti. La parte bassa, divisa in due tronconi dall’intersezione con Via Paleocapa, vive invece da 15 anni un fenomeno di immigrazione che ne ha cambiato il volto. Dal punto di vista dei valori immobiliari rilevati non sembrerebbe nemmeno la stessa via, con uno stacco di 2 mila Euro al metro quadro, come risulta da un confronto dei prezzi della parte alta (zona “Centrale di pregio residenziale”) e bassa (zona “San Giorgio”) – vedi prospetti allegati, tratti dall’ “Osservatorio Fiaip dei prezzi degli immobili di Bergamo e provincia”, Terra Nova Editore Spa.
Il destino di Via Quarenghi segue logiche codificate dello sviluppo immobiliare dei centri urbani in relazione alle dinamiche demografiche e ai flussi migratori. Il punto di partenza è una frattura storica, la conquista di sacche del centro cittadino da parte degli immigrati. Solitamente si insediano in stabili vetusti, in cattivo stato di manutenzione, che gli italiani non accettano di abitare. L’arrivo degli stranieri provoca diffidenza nella popolazione residente, e la concentrazione di immigrati in gruppi etnici crea un effetto – valanga e un circolo vizioso: più gli stranieri si concentrano in una zona, più i residenti se ne allontanano, e in pochi anni si assiste ad un ricambio demografico imponente. Questo giudizio di fatto non implica un giudizio di valore, ma la semplice descrizione di un fenomeno fisiologico. La patologia comincia quando una parte della nuova popolazione di immigrati traffica in attività illegali come lo spaccio di droga, provocando la trasformazione del quartiere in uno “slum”, un ghetto malfamato dal quale le persone “perbene” preferiscono girare al largo. Inutile dire che questa situazione nuoce agli stessi immigrati onesti, una maggioranza condizionata e danneggiata nell’immagine dalla minoranza criminale.
Come uscire da questa impasse? Si possono intravvedere due possibili strade alternative: il ripristino dello “status quo ante” e il “melting pot”. Non sta agli agenti immobiliari scegliere, ma alla politica di governo della città. Il ripristino dello status quo ante è una macchina del tempo per tornare al punto di partenza prima della ghettizzazione. Il metodo per riportare i residenti nel quartiere è semplice: vendere le case affittate a basso reddito, e spesso a clandestini, a società di trading immobiliare che allontanano gli inquilini disdettando tutti i contratti, fanno espellere gli irregolari, ristrutturano lo stabile liberato e lo rivendono frazionatamente a prezzi che non sono alla portata degli immigrati. In questo modo si favorisce il flusso di ritorno degli italiani, con l’inversione del processo di “conquista” operato dagli stranieri anni prima. Si tratta di un processo lento, che rischia sempre di impantanarsi a metà del guado, realizzandosi a macchia di leopardo e non soddisfacendo né gli italiani né gli stranieri. In questa fase di transizione si trovano Via Moroni e Via San Bernardino nella loro parte alta, la storica zona di Porta Osio.
L’altra soluzione è più difficile, implicando un cambiamento culturale: partire dalla multietnicità considerandola come un valore, per rendere attrattiva la zona attraverso un’offerta culturale che la valorizzi nella sua specificità multiculturale. Teatro, musica dal vivo, street art, ristorazione, club e ritrovi possono rendere “cool” una zona, richiamando, complici i prezzi immobiliari abbordabili, fasce giovani di popolazione, studenti, artisti e creativi, e creando un fenomeno culturale. Tutti conosciamo il caso di Brick Lane nell’East End londinese, con la sua parabola fortunata da slum a luogo di tendenza. Il caso londinese ci insegna anche che il processo di integrazione, che punta a rendere sempre più marginali ed espellere le sacche di illegalità, si deve basare sulla valorizzazione delle differenze, ma non può prescindere dalla condivisione degli stessi valori fondativi della convivenza civile; e questi storicamente si identificano con la cultura giuridica e la carta dei valori del paese ospitante. In caso contrario non si avrebbe integrazione ma una sorta di pericolosa tribalizzazione, che impedisce il dialogo e sabota il melting pot. Ridando vivibilità e attrattività al quartiere si stimola la domanda immobiliare, che richiede stabili ristrutturati e un contesto sociale e urbanistico ordinato. La richiesta di abitazioni nella zona favorisce inoltre il dinamismo demografico ed evita la cristallizzazione di gruppi etnici chiusi ed impermeabili. La finalità di recupero del quartiere viene perseguita senza escludere la diversità ma al contrario valorizzandola in una “fusion” di gusti, tendenze, culture, con alla base una carta di valori fondamentali condivisa da tutti.
Via Quarenghi è al bivio, la politica e i cittadini devono imboccare una via o l’altra. La centralità e storicità della via, la sua funzione di cerniera tra il centro, l’università di Via dei Caniana, la stazione e l’autostrada la rende appetibile per entrambe le soluzioni. Ma è giunto il momento di recidere il nodo gordiano e fare una scelta. Non scegliere, o trascinarsi in una sequela di pannicelli caldi, significa in realtà fare la scelta dell’inerzia e del degrado, sulla strada che da Via Quarenghi conduce a Zingonia.
Giuliano Olivati
Presidente provinciale Fiaip Bergamo
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