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Europa, recupera il real estate commerciale
Gli investimenti nel real estate commerciale sono cresciuti di oltre il 40%, in tutto il continente, negli ultimi tre mesi del 2009…
Buone notizie per il mercato immobiliare europeo. Gli investimenti nel real estate commerciale sono cresciuti di oltre il 40%, in tutto il continente, negli ultimi tre mesi del 2009. Toccando così il livello massimo dai tempi del collasso di Lehman Brothers del 2008. Le transazioni siglate sono state infatti pari ad oltre 25,7 miliardi di euro, con una crescita del 42% rispetto al trimestre precedente: un valore doppio rispetto a quello dei primi due trimestri dell’anno scorso.
A rivelarlo è il Financial Times, che specifica come il turnover complessivo relativo al 2009, proprio grazie alla buona performance degli ultimi tre mesi, sia così salito a 70 miliardi di euro (cifra comunque inferiore ai 121 miliardi raggiunti nel 2008).
Si tratta di una crescita generalizzata (sebbene con alcune differenze), e dunque non trainata solamente dai mercati immobiliari di alcuni Paesi. Gli incrementi più netti, tuttavia, sono stati registrati nelle aree centro-orientali del continente. La migliore performance in Europa occidentale è invece quella del Regno Unito, che ha visto crescere gli investimenti del 64% nella seconda metà del 2009, rispetto ai sei mesi precedenti.
Tra gli affari siglati, invece, spicca l’acquisto del quartier generale di HSBC a Londra da parte del National Pension Service della Corea del Sud.
Dubai: La crisi immobiliare non è finita!
Crollo del settore immobiliare a Dubai
Le banche devono assumersi le proprie responsabilità
Mentre cassandre italiane come Abi, banche, Consob eBankitalia, continuano come hanno fatto in passato a nascondere la gravità della situazione ed a gettare acqua sul fuoco dell’ennesima crisi finanziaria-immobiliare che mette a rischio un modello di avventurismo capitalistico-bancario fondato sui debiti, la compagnia immobiliare Nakheel, che facendo parte della holding Dubai World ha contribuito alla crisi del debito di Dubai, ha chiesto questa mattina la sospensione delle transazioni sulle sue obbligazioni islamiche quotate alla borsa Nasdaq Dubai.
Se le banche pubbliche locali hanno acquistato tali obbligazioni sul mercato nella primavera scorsa quando i prezzi erano crollati in seguito alla crisi del mercato immobiliare,le grandi banche mondiali creditrici dirette della Nakheel per aver collocato i bond presso i mercati internazionali, in assenza di una dichiarazione di default, non possono rivalersi legalmente nei confronti del governo del Dubai, che al pari di quello di Abu Dhabi, non può essere considerato dal punto di vista legale responsabile e prestatore di ultima istanza.
Non si sa bene infatti quale sia la reale entità del debito della Dubai World, la holding pubblica a cui fa capo la Nakheel, proprietaria del patrimonio immobiliare dell’emirato, la piccola città costruita nel deserto che galleggia su un mare di debiti,non essendoci alcun bilancio certificato, ma secondo fonti dell’Ubs (Unione Banche svizzere), che ha gestito alcune emissioni obbligazionarie dell’emirato e l’Agenzia di rating Moody’s il totale dei debiti potrebbe avvicinarsi a 100 miliardi dollari, lo stesso valore del Pil a «causa delle potenziali passività fuori bilancio»,mentre la sola Dubai World denuncia passività per 59 miliardi di dollari.
Dubai World e Dubai International Capital hanno partecipazioni sparse ovunque, con il 3% di Eads, il 2% di Sony, il 6% di Hsbc e il 2,8% di Icivi, la principale banca indiana, mentre la Borsa di Dubai ha il 20% del Nasdaq e il 20% della Borsa di Londra, che a sua volta controlla Borsa italiana. Dubai World è proprietaria di 49 grandi porti sparsi in tutto il pianeta e del colosso cantieristico P&O Maritime Service. Nakheel, controllata da Dubai World, gestisce uno sconfinato impero immobiliare e ha finanziato lo sviluppo di tre isole artificiali, che ora rischiano di diventare delle cattedrali nel deserto.
In un mercato globalizzato con partecipazioni incrociate,non si può minimizzare l’impatto della crisi come hanno fatto le banche internazionali ed italiane dichiarando la loro (in alcuni casi minima) esposizione verso le società del Dubai, ma devono essere i Governi del G20 a varare nuove regole per impedire alle banche di continuare più di prima a creare montagne di carta straccia di swap, derivati e “carry trade“, vere e proprie scommesse azzardate di moneta falsa ed Otc (Overseas the counter) per un controvalore di 670.000 miliardi di dollari pari a dodici volte il Pil mondiale, scambiata al di fuori dei mercati regolamentati.
Non è più tempo di riflettere né di accettare veti, ma è arrivato il tempo di cambiare fissando regole ferree e pesanti sanzioni per le banche e le altre istituzioni finanziarie non aduse a riconoscere quelle corrette regole che devono presidiare i mercati e garantire i diritti dei cittadini, risparmiatori econsumatori, sia per impedire gli abusi di mercato che di scaricare gli effetti dei disastri provocati sulla collettività.
Adusbef e Federconsumatori auspicano che i ministri finanziari europei, che si riuniranno dopodomani a Bruxelles, pongano all’ordine del giorno la riforma della vigilanza finanziaria e la costituzione di nuove regole pregnanti atte a garantire stabilità e trasparenza per un sistema bancario senza scrupoli che è tornato più di prima ad imbastire gigantesche speculazioni mediante strumenti derivati, swap e carry trade per assicurare guadagni certi ai banchieri: Goldman Sachs ad.es., dopo essere stata salvata dal crack con interventi pubblici, pagherà ai propri dipendenti 20 miliardi di euro di gratifiche natalizie!
Autori: Elio Lannutti (Adusbef) – Rosario Trefiletti (Federconsumatori)
Fonte: Newsfood.com
http://www.newsfood.com/q/8a2e8ea6/dubai-la-crisi-immobiliare-non-e-finita/