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Il Governo si appresta a far pagare l’Ici alla Chiesa
La futura imposta municipale potrebbe abbattersi su ospedali, scuole, alberghi e circoli degli enti ecclesiastici. La novità celata in un comma del decreto sul federalismo fiscale, che potrebbe fruttare 1 miliardo di euro all’anno
Permettere alle amministrazioni locali di fare cassa (altrimenti il federalismo chi lo paga?) e scongiurare la procedura per aiuti di Stato avviata dalla Commissione Ue, che potrebbe implicare il recupero delle tasse fin qui non pagate.
Sarebbero queste le ragioni sottese a un comma al decreto sul federalismo fiscale municipale approvato dal governo lo scorso 4 agosto e ‘mai pubblicizzato’, sostiene Alberto D’Argenio su Repubblica.it.
L’articolo 5 del decreto che introduce l’Imu (imposta unica municipale) cancella infatti le controverse esenzioni accordate alla vecchia Ici. Tra queste, gli esoneri previsti per i soggetti “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Ovvero ospedali e cliniche legate alla Chiesa,scuole private, alberghi e resort del mondo cattolico e circoli che dal 2014 dovranno operare in regime di concorrenza, versando le stesse tasse imposte agli altri imprenditori privati.
Il testo potrebbe essere ancora modificato, ma se verrà licenziato con questa norma, secondo le stime, verrebbero così recuperati circa 1 miliardo di euro l’anno.
Il Caso
La Commissione Europea ha annunciato di voler aprire un’inchiesta formale sulle esenzioni dall’Iciconcesse dall’Italia allo Stato del Vaticano. Secondo il governo di Bruxelles le esenzioni, favorendo fiscalmente un solo soggetto e i suoi beni immobiliari, sarebbero incompatibili con le norme europee sul libero mercato e la libera concorrenza.
Va detto che il braccio di ferro fiscale tra amministrazione finanziaria italiana ed enti religiosi va avanti da parecchi anni, prima di sbarcare sui tavoli della Corte di giustizia Europea e costringere la Commissione Ue ad aprire un’inchiesta.
La domanda che molti italiani si pongono e alla quale è chiamata a rispondere ora Bruxelles è la seguente: è giusto che gli immobili di istituti ecclesiastici, di qualunque confessione, beneficino di un’esenzione fiscale per il semplice fatto che l’attività non commerciale – quelle di religione e di culto – prevale su quella commerciale (si pensi alla gestione di case di cura, strutture ospedaliere, alberghi, ostelli, case editrici…)?
“L’ente ecclesiastico – si legge su la Voce.info – è considerato, fiscalmente, sempre e comunque non commerciale, in quanto sottratto a quel giudizio di prevalenza dell’attività non commerciale su quella commerciale, contemplata invece per tutti gli altri soggetti”.
E il patrimonio immobiliare della Chiesa è immenso. Il catasto comprenderebbe 100mila fabbricati, anche se è impossibile determinarne con certezza il numero. Il cui valore si aggirerebbe attorno ai 9 miliardi di euro. Facendo l’esempio di Roma, si parla di 500 chiese, 550 tra conventi e istituti, 250 scuole, 200 case generalizie, 65 case di cura, 50 missioni, 43 collegi, 30 monasteri, 25 case di riposo e ospizi e 18 ospedali.
Bruxelles inoltre contesta al Vaticano l’esenzione del 50% delle imposte sui redditi (Ires) per le centinaia degli enti ecclesiastici attivi nella sanità e nell’istruzione e chiede la cancellazione dell’articolo 149 (quarto comma) del Testo unico delle imposte (Tuir) che riconosce agli enti ecclesiastici lo status d’ufficio di enti non commerciali.
Fonte: Virgilio.it
http://notizie.virgilio.it/cronaca/vaticano-ici-chiesa.html
Leggi anche: Vaticano Real Estate, l’ICI della discordia vale 2 milioni di euro
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Il Piano Nazionale di Edilizia Abitativa, operativo con la prima disponibilità di 350 milioni di euro per la realizzazione di abitazioni per le fasce deboli e il cosiddetto sistema dei Fondi immobiliari, può rappresentare una concreta svolta per la realizzazione di abitazioni da offrire a famiglie in difficoltà e giovani coppie, ma anche ad anziani e studenti. La spesa rapida delle risorse integrate pubblico-private per programmi di edilizia sociale può determinare, nelle condizioni di crisi, una risposta al problema abitativo e la ripresa dei processi produttivi. L’Agci ritiene che la vera grande novità del Piano per l’Edilizia Residenziale Pubblica sia la creazione di un Fondo Immobiliare che con la prima tranche di 150 milioni di euro dovrà sostenere i vari fondi locali con la partecipazione di imprese, cooperative di abitazione ed enti locali e territoriali, unitamente alle Fondazioni bancarie. Tale strumentazione finanziaria si allinea a quella europea nell’edilizia sociale, con particolare riferimento al sostegno della casa in locazione. Nel Sud, dove è più forte la domanda abitativa, le Regioni e gli Enti locali, nell’utilizzo delle risorse finanziarie da assegnare dovrebbero prestare particolare attenzione ai giovani per favorire loro l’accesso alla casa. La rilevante e continua emigrazione degli ultimi anni dal Sud per mancanza di lavoro è aggravata dall’esclusione dal mercato della casa per i prezzi inaccessibili della locazione e dell’acquisto. E’ necessario e auspicabile iniziare ad eliminare ambiti di precarietà in cui si ritrovano i giovani oggi, cominciando ad offrire una casa a prezzi sostenibili.
Aldo Carbone
Presidenza nazionale Agci Abitazione con delega per il Mezzogiorno
Fonte: Denaro.it