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In media il 38% del reddito degli italiani serve a pagare l’ affitto, ma ci sono categorie di lavoratori per cui il discorso è leggermente diverso…
L’occupazione è una delle variabili che più influisce sul reddito e di conseguenza sulla scelta della tipologia di casa in base ovviamente al prezzo. Basandosi sugli ultimi dati Istat, Mioaffitto.it ha scovato quali sono le professioni maggiormente retribuite in Italia ed il nesso che intercorre con la scelta del tipo di casa in affitto.
Quasi il 38% del reddito degli italiani serve a pagare l’affitto
Il prezzo medio di una mensilità di affitto, aggiornato ad Aprile 2014 corrisponde a 745 euro, che moltiplicati per 12 mensilità diventano 9,420 euro annui.
Tenendo in conto che, dalle ultime statistiche risulta che gli italiani guadagnano in media 24,879 in un anno, abbiamo calcolato che circa il 37,86% di questo reddito si trasforma in soldi per pagare l’affitto di un appartamento con una metratura compresa tra i 60 ed i 90 metri quadrati.
Ovviamente esistono professioni in cui il guadagno e quindi il cui reddito annuo sono più alti e la percentuale destinata all’affitto è quindi in proporzione minore di quella qui sopra indicata.
D’altro canto, molte di più sono le occupazioni meno redditizie, esaminiamo allora la situazione, facendo attenzione alla percentuale dello stipendio destinata all’affitto, in base alla professione svolta.
Secondo l’Istat chi lavora come agricoltore guadagna meno di tutti
Gli agricoltori sono, secondo queste ultime statistiche Istat, la categoria di lavoratori il cui stipendio (che corrisponde circa a 16,961 euro all’anno) viene maggiormente destinato all’affitto (55,54%).
La categoria che segue è quella degli addetti alle pulizie, che dichiarano un redditto annuale pari a 18,084 euro e che si vedono costretti a riservare più del 52% del loro stipendio per poter permettersi una casa in affitto.
Seguono i vigilianti privati, con un reddito di 18,901 annui e che destinano all’affitto circa il 49,84%, gli assistenti socio assistenziali il cui guadagno in 12 mesi corrisponderebbe a 19,394 euro e ben il 48,57% andrebbe a coprire le spese della locazione ed i maestri privati.
Ecco la tabella, con i dati Istat di tutte le professioni con i relativi dati: http://blog.mioaffitto.it/files/2014/05/stipendio-destinato-ad-affitto-in-base-alle-professioni.pdf
I giornalisti sono i lavoratori più ricchi d’Italia
Sempre gli stessi dati Istat, ci informano che chi lavora nel mondo del giornalismo dispone di un reddito annuo di circa 53,718 euro di cui solo il 17,54% finisce nelle tasche dei proprietari di casa in concetto di affitto.
Coloro che per lavoro hanno a che fare con estrazione di petrolio o con minerali naturali hanno dichiarato un reddito annuo di 38,279 euro e di destinare il 24% per pagare la locazione.
Gli assicuratori sono un’altra categoria che potremmo definire ricca, difatti il loro guadagno pari a 37,110 euro all’anno gli permette di spendere solo il 25,38% per l’affitto.
Altra categoria che non potrebbe che stare da nessun’altra parte se non da questo lato della lista sono i politici. Secondo le statistiche infatti il loro reddito annuo si aggira attorno ai 35,352 euro, di cui il 26,65% coagula in affitto. (…)
Un consiglio: non spendere in affitto più del 30% di quanto si guadagna.
Questa percentuale è stata calcolata tenendo in conto delle spese ordinarie per vivere (cibo, bollette, vestiti ecc) e pensando di dovere far fronte a spese extra, che possono capitare durante l’arco dell’anno.
Affittare una casa e non comprarla, è utile per un inquilino dal momento che è possibile calcolare in modo specifico quali siano le spese a cui far fronte, evitando possibili e sempre più frequenti alterazioni dei tassi di interesse a danno dei mutuatari.
Il costo di un affitto, non dovrebbe essere superiore al 25-30% delle entrate dell’intero nucleo familiare.
Dati ISTAT
Investire nel mondo immobiliare… in Russia
Il momento è più che favorevole per spostare o per aprire i propri affari in Russia, una nazione che cresce costantemente in un mercato di grande stabilità
Quando un imprenditore decide di investire all’estero, deve scegliere in maniera oculata, la zona in cui creare il nuovo “impero”. Ovviamente la scelta non è sempre facile, per tale ragione devono essere seguiti dei criteri, che conducono alla migliore soluzione.
Innanzitutto è importante conoscere la situazione economico-finanziaria del paese dove si desidera investire, la legislazione ma anche le reali opportunità che il mercato in quel momento sa offrire. Attualmente, il mercato immobiliare russo offre interessanti opportunità per l’investitore, e a sostenere la positività dell’orientamento è anche il facile approccio.
Occorre considerare che la situazione economica attuale rende particolarmente vantaggioso l’investimento, si ha una forte domanda sul mercato immobiliare, e un’alta rimuneratività rispetto al capitale investito. La Russia, negli ultimi dieci anni, ha aumentato notevolmente le sue ricchezze e ha sviluppato un ottimo apparato dell’edilizia residenziale, ha creato spazi adibiti al commercio e spazi industriali.
In funzione anche di questa crescita, il mercato è stato maggiormente aperto agli investitori, sia locali sia esteri. Mosca è sicuramente la città per eccellenza, che ha una forte richiesta immobiliare, ma anche San Pietroburgo, Samara, Kazan, sono città dalla moderna concezione urbanistica.
Lo sviluppo è stato strettamente legato al miglioramento delle condizioni di vita, e la fase di crescita è in continua evoluzione. Il metro quadrato nel giro di pochi anni ha lievitato il suo prezzo, poiché molte zone abbandonate hanno preso l’aspetto di moderni quartieri alla moda. La positiva rimuneratività sul capitale investito permette anche di affrontare spese maggiori poiché l’investimento sostenuto avrà un ritorno molto alto. Il mercato è in pieno fermento, e i tempi di vendita di appartamenti di lusso, sono davvero brevi, si riesce a guadagnare circa il 30-35% del capitale investito.
A causa della crisi economica anche ha comunque coinvolto molte nazioni, il mercato immobiliare russo si presenta come una delle principali zone d’investimento, il mattone russo ha diminuito il costo del 60%, acquistare ora vuol dire pagare un costo al di sotto della media, e se la congiuntura sfavorevole, continuerà a durare per altri dieci mesi, si avrà un risparmio anche sulle spese di ristrutturazione. Quando la situazione tornerà a stabilirsi i prezzi inizieranno di nuovo a salire, e il valore dell’immobile aumenterà.
È solo in questo momento che vale la pena rivendere per guadagnare molto più di quanto si è speso. Sicuramente la crisi crea all’imprenditore serie difficoltà nella gestione del denaro, anche a causa delle restrizioni praticate dalle banche per la concessione di prestiti, ma proporsi ora sul mercato è sicuramente la scelta migliore. La Russia nei prossimi anni continuerà a “evolversi” e raggiungerà uno stile pari a quello dei paesi occidentali. È il momento quindi di scalare la vetta per essere sicuri del proprio investimento.
Fonte: Manageronline.it
http://www.manageronline.it/articoli/vedi/843/investire-nel-mondo-immobiliare-in-russia/
Case, è il momento di investire a Roma
Un effetto collaterale della recessione è che i prezzi non li fanno più i venditori, bensì i compratori.
Vale anche per il solido mercato immobiliare, sfiorato dalla crisi quel tanto che basta a far ridimensionare il costo delle case, soprattutto a Roma, dove – secondo una ricerca Toscano – si è registrata una frenata delle compravendite più che in altre città. È dunque il momento di investire sul mattone. La conferma arriva proprio dai dati pubblicati dal gruppo immobiliare: quest’estate, a Roma, meno venditori e acquirenti si sono seduti davanti alla scrivania di un notaio. Un calo del 7,8% rispetto all’anno precedente, ancor più significativo se confrontato con la media italiana dello stesso periodo: 4,7%. A sostegno dei risultati del focus di Toscano, viene un ulteriore dato relativo ai tempi medi di vendita degli immobili, molto distanti, per quanto riguarda il mercato romano, da quelli dell’anno scorso. Se nel 2008 Roma era riuscita, in particolare nel primo semestre, a mantenere tempi di vendita più bassi della media nazionale (circa 5 mesi contro 6), nel primo semestre 2009 non sembra confermata la tendenza. La Capitale rallenta, guadagnando oltre un mese, facendo cioè salire il tempo necessario alla vendita di un immobile da 5 a 6,8 mesi, in linea con la nuova media nazionale di circa 7 mesi. Significa che il mercato ha bisogno di più tempo per digerire il giusto prezzo, e che quindi il costo delle case s’abbassa dal momento in cui l’immobile viene messo in vetrina, fino all’atto di vendita. Probabilmente, spiegano i ricercatori Toscano, «se il mercato fosse più deciso nel capire il giusto prezzo, i tempi tornerebbero velocemente ai livelli di normalità». La frenata imposta dalla recessione improvvisa, giustifica, in parte, i listini prezzi dei venditori, inizialmente troppo ottimisti. Ora, però, la città è diventata terreno fertile per chi volesse acquistare. La contrazione dei prezzi, pur lieve, è sotto gli occhi di tutti. Le famiglie, mutuo e tasche permettendo, possono guardarsi intorno. Ed è bene approfittare dell’onda lunga autunnale della recessione. Farlo nel 2010 potrebbe essere troppo tardi. Di questo parere è anche Roberto Carlino, patron di Immobildream, una delle più grandi reti di intermediazione immobiliare della Capitale, secondo il quale «la flessione delle vendite registrata negli ultimi anni ha portato alla formazione di un bacino di clienti che presto tornerà a fare acquisti». Ciò significa che prima si sceglie di comprare e più probabilità ci sono di acquistare casa a prezzi convenienti. «Questo è il momento migliore – aggiunge Carlino – I tassi d’interesse dei mutui non sono mai stati così bassi. Per chi può, investire sugli immobili è sicuro ed è un modo ormai consolidato per risparmiare. Bot e titoli di Stato non sono una valida alternativa». Per Roberto Carlino l’«assestamento» del mercato immobiliare romano non differisce da quello milanese e dalla media italiana. «Anzi – rilancia – Queste due grandi realtà urbane hanno retto meglio del resto della Penisola». Il dato romano o milanese, però, spiega Carlino, deve tenere conto anche della realtà provinciale, dove le compravendite hanno registrato numeri migliori rispetto ai capoluoghi. Pareri contrastanti sui dati, dunque, quelli di Carlino e dei ricercatori Toscano, ma l’invito è lo stesso: investire.