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C’era una volta la piccola agenzia immobiliare
L’Italia è ben noto come sia il Paese dei campanili e dei campanilismi, delle Regioni delle Provincie e dei Comuni, delle migliaia di feste e tradizioni locali, oltre che delle piccole e medie imprese, quelle stesse imprese, spesso a conduzione familiare, che hanno fatto la storia dell’industria e dell’artigianato in Italia.
A dimostrazione di come le P.M.I. siano l’ossatura del sistema Italia, basta pensare quante famiglie sono diventate brand importanti anche fuori dai nostri confini, e quante importanti aziende italiane sono indissolubilmente legate al nome del fondatore o a quello della famiglia di riferimento, e ciò in ogni settore che siano le automobili, la moda e il lusso, il manifatturiero o l’alimentare. Tante famiglie condotte da Capitani (d’azienda) Coraggiosi che hanno spinto il proprio nome ben oltre il mercato locale da cui sono partiti, ma come risultato conseguente all’obiettivo più importante che è sempre quello di crescere e distribuire sempre più e sempre meglio i propri prodotti. Imprese, nel vero senso della parola, imprese in cui il nome dell’imprenditore diventa grande per quello che è stato capace di realizzare e non viceversa.
Sarà anche per questo motivo, per questa condivisa voglia di passare alla storia, che buona parte di chi fa azienda in Italia lo fa anche coltivando il sogno di rendere lustro al proprio nome, o, quanto meno, di assegnargli un valore spendibile nella società in cui vive, diventando alle volte l’obiettivo primario e non più conseguente.
Nel settore della mediazione immobiliare, si sgomita per conquistare quote di mercato e consolidarle, ritagliando per sé uno spazio nell’Olimpo dei nomi noti sulla propria piazza, per emergere tra quelli più importanti per il proprio mercato, investendo quanto più possibile sul proprio nome.
Il professionista si fa brand, e il brand diventa il prodotto.
Nell’ambito della consulenza immobiliare il prodotto è legato indissolubilmente al professionista che eroga la prestazione, e che di conseguenza viene giudicato dal mercato proprio dalle competenze espresse e dal livello di assistenza che riesce ad offrire al cliente, con vantaggio per il buon nome dell’azienda.
La maggior parte delle agenzie immobiliari usa, quindi, come modello di riferimento quello dell’azienda unipersonale o a conduzione familiare, dove il valore più importante da tutelare è il nome, a conferma di come questo sia il modello, per ragioni quasi storiche, più diffuso in Italia.
Il mercato da qualche anno ha però lanciato una sfida che si sta rischiando di perdere proprio a causa del modello imprenditoriale predominante.
Un mercato che si restringe necessita di risposte immediate per non lasciare sul campo troppe quote, che si traducono in svariati punti percentuali di produzione e reddito. Puntare tutto soltanto su sé stessi e sulla capacità di conquistare e mantenere la propria quota di mercato è difficile, se non impossibile, senza un ammodernamento del proprio modello di business. Da come viene gestito il tutto, alle volte viene quasi il dubbio che in realtà le agenzie immobiliari non siano assimilabili a delle aziende, ma i fatti dimostrano il contrario. L’attività immobiliare presenta costi e ricavi, bilanci e fatturati, investimenti e pianificazioni che non lasciano spazio al dubbio che questa sia un’attività di impresa.
Ma come si fa a crescere in un mercato che chiede come risposta l’aggregazione, quando l’individualismo l’ha fatta fin qui da padrone? Quali sono le risposte possibili?
Da qualche anno in varie realtà italiane si è assistito alla nascita nel settore immobiliare di consorzi e gruppi d’acquisto, modelli embrionali di come si può fare sistema per affrontare la crisi, ma non basta. Purtroppo il limite di queste formule, che sono comunque validi tentativi, è proprio nel voler mantenere in piedi contemporaneamente due sistemi diametralmente opposti, l’individualismo e il consociativismo. La cultura dell’Io a cospetto della cultura del Noi è ancora oggi dominante, proprio perché Io è inteso come brand da tutelare a tutti i costi, ed è spesso l’unico valore che si è convinti di riuscire ad esprimere. Il vero valore verrebbe fuori, invece, riunendosi attorno ad un tavolo ognuno con le proprie forze ed esperienze per trarre tutti un vantaggio immediato, nell’interesse comune. L’aggregazione è l’unica vera formula che consente di offrire un alto livello di servizio e risultati soddisfacenti con il solo costo da pagare di dover mettere da parte miope orgoglio e opportunismo.
L’Italia, purtroppo, è la Patria delle piccole e medie imprese che piuttosto che accettare di unire le forze chiudono schiacciate da un mercato in cui non sono più competitive a causa di un ritardo troppo marcato rispetto alle istanze attuali.
twitter @andrearussore
Notizie immobiliari da Brasile, Regno Unito e USA
Affitti uffici, Rio de Janeiro meglio di New York
Il costo medio annuo di un ufficio a Rio de Janeiro è infatti cresciuto di ben 47 punti percentuali nel corso del solo ultimo anno, come confermato dal broker sopra ricordato in un recente comunicato e-mail.
A livello mondiale, Rio de Janeiro ha scavalcato diverse posizioni, divenendo la quarta località più cara del mondo, rispetto alla tredicesima posizione che occupava un anno fa.
A precedere Rio de Janeiro rimangono Hong Kong, Londra e Tokyo, come ribadito dalla stessa società di consulenza immobiliare.
Fonte: VostriSoldi.it
http://mutui.vostrisoldi.it/articolo/affitti-uffici-rio-de-janeiro-meglio-di-new-york/10019/
Londra: A Gennaio Cresce la Domanda, Così Come i Prezzi
Nonostante i prezzi siano in calo nel Regno Unito, nella città di Londra la crescita della domanda ha portato ad un aumento dei prezzi degli immobili ad uso residenziale, che si attesta sull’1,1% nel solo mese di gennaio 2011.
La domanda di immobili arriva soprattutto da cittadini stranieri, soprattutto Europei, che vedono la città di Londra come una delle migliori capitali nel mondo dove vivere e lavorare.
I quartieri in cui i prezzi si sono alzati maggiormente sono quelli di Knitsbridge e Kensington, dove i prezzi hanno subito un rialzo quasi del 6% negli ultimi tre mesi, portandoli ad essere superiori del 26,9% rispetto ai valori di marzo 2009, ma ancora del 3,4% inferiori rispetto ai valori record registrati nel marzo del 2008.
Uno dei maggiori problemi riscontrati nel mercato immobiliare londinese resta comunque la carenza nell’offerta, che porta ogni casa in vendita ad essere contesa da ben cinque aspiranti compratori.
Fonte: Attico.it
http://news.attico.it/2011/02/22/londra-a-gennaio-cresce-la-domanda-cosi-come-i-prezzi/
Usa, Calo Record per i Prezzi Immobiliari
Nonostante la ripresa dell’economia, il mercato immobiliare statunitense è ancora in difficoltà. A dicembre, infatti, i prezzi hanno subito il calo più pesante su base annuale degli ultimi dodici mesi…
Nonostante la ripresa dell’economia, il mercato immobiliare statunitense è ancora in difficoltà. A dicembre, infatti, i prezzi hanno subito il calo più pesante su base annuale degli ultimi dodici mesi. I dati provengono da un’indagine sottoposta a 19 economisti dall’agenzia Bloomberg, che anticipa la pubblicazione – prevista per il pomeriggio di oggi – del rapporto mensile di S&P/Case-Shiller, che misura i prezzi delle case unifamiliari nelle venti principali aree urbane del Paese.
Proprio l’indice Case-Shiller, nello scorso dicembre, sarebbe sceso del 2,4% rispetto allo stesso periodo di un anno prima: è il calo più pesante a partire dalla fine del 2009. Anche l’indice della fiducia dei consumatori – rilevato dall’istituto di ricerca privato Conference Board – questo mese è sceso a 65 dal livello di 65,5 di gennaio, che era il più alto a partire dal marzo 2008. Per darne una misura più concreta, basti considerare che lo stesso si attestava ad una media di 97 nei sei anni che precedenti alla recessione. Nell’ottobre del 2008 era stato registrato il record negativo di 38 punti.
D’altra parte, lo scenario è inequivocabile: quest’anno si prevede un maggiore ricorso delle banche ai pignoramenti (+20%), che farà calare ulteriormente i prezzi immobiliari, scoraggiando i potenziali acquirenti che ritarderanno i propri investimenti. L’effetto combinato di questa flessione e della disoccupazione al 9% continuerà a tenere a freno la spesa dei consumatori, che conta per il 70% del Pil statunitense.
Fonte: Valori.it
http://www.valori.it/italian/finanza-globale.php?idnews=3216
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