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Codice civile – Della proprietà VII

Capo II: Del condominio negli edifici

Art. 1117 Parti comuni dell’edificio
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;
i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

Art. 1118 Diritti dei partecipanti sulle cose comuni
Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate dall’articolo precedente e proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il Titolo non dispone altrimenti.
Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione (1104).

Art. 1119 Indivisibilità
Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.

Art. 1120 Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni (1108).
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

Art. 1121 Innovazioni gravose o voluttuarie
Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.

Art. 1122 Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio.

Art. 1123 Ripartizione delle spese
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (1104, att. 68 e seguenti).
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (att. 63).

Art. 1124 Manutenzione e ricostruzione delle scale
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo (att. 68 e seguenti).
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.

Art. 1125 Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Art. 1126 Lastrici solari di uso esclusivo
Quando l’uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne hanno l’uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno (att. 68 e seguenti).

Art. 1127 Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio
Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli e inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.

Art. 1128 Perimento totale o parziale dell’edificio
Se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.
L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni e destinata alla ricostruzione di queste.
Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere (2932) agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini.

Art. 1129 Nomina e revoca dell’amministratore
Quando i condomini sono più di quattro, l’assemblea nomina un amministratore. Se l’assemblea non provvede, la nomina è fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea.
Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (att. 64).
La nomina e la cessazione per qualunque causa dell’amministratore dall’ufficio sono annotate in apposito registro (att. 71).

Art. 1130 Attribuzioni dell’amministratore
L’amministratore deve: eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio; disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini; riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni; compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.

Art. 1131 Rappresentanza
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi e tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.
L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato (att. 64) ed è tenuto al risarcimento dei danni.

Art. 1132 Dissenso dei condomini rispetto alle liti
Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni (2964) da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.

Art. 1133 Provvedimenti presi dall’amministratore
I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini. Contro i provvedimenti dell’amministratore e ammesso ricorso all’assemblea, senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall’art. 1137.

Art. 1134 Spese fatte dal condomino
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente (1110).

Art. 1135 Attribuzioni dell’assemblea dei condomini
Oltre a quanto e stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede (att. 66):
alla conferma dell’amministratore e dell’eventuale sua retribuzione;
all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini;
all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione;
alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale.
L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.

Art. 1136 Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni
L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio (att. 67 e seguenti).
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’art. 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.
L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.
NOTE Deroghe alle maggioranze previste dagli artt. 1120 e 1136 sono previste nelle seguenti leggi:
Legge 9 gennaio 1989 n. 13, art. 2 (eliminazione delle barriere architettoniche);
Legge 24 marzo 1989 n. 122, art. 9 (realizzazione dei parcheggi nei condomini);
Legge 2 gennaio 1991 n 10, art. 26 (contenimento dei consumi energetici);
Legge 17 febbraio 1992 n. 127, art 15 (recupero del patrimonio edilizio).

Art. 1137 Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea
Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini (1105).
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa (1109).
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza (2964 e seguenti), entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.

Art. 1138 Regolamento di condominio
Quando in un edificio il numero dei condomini e superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (att. 68 e seguenti, 155)
Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’art. 1129 (att. 71). Esso può essere impugnato a norma dell’art. 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 (att. 72, 155).

Art. 1139 Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo Capo (att. 156) si osservano le norme sulla comunione in generale (att. 61-72).

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Il diritto di superficie

Il diritto di superficie è il primo diritto reale di godimento su cosa altrui regolato dal nostro Codice Civile e definito dal combinato disposto degli artt. 952 e 954 c. c. come il diritto di fare e di mantenere una costruzione al di sopra o al di sotto del suolo di proprietà altrui.

Tale nozione di diritto di superficie, peraltro, non deve essere confusa con quella di proprietà superficiaria, la cui titolarità deriva dall’acquisto di una costruzione già ultimata e sorta su un terreno rimasto di proprietà altrui.

Le due situazioni, dunque, possono coesistere in capo al medesimo soggetto, il quale, in quanto acquirente di un edificio già costruito, diviene titolare sia del diritto di superficie, volto a consentirgli di riedificare in caso di perimento dell’immobile, sia della proprietà superficiaria della costruzione, di cui può pertanto disporre in modo pieno ed esclusivo.

Il diritto di superficie può sorgere in via convenzionale o per usucapione.
Nella maggior parte dei casi, infatti, il diritto di superficie viene ad esistenza a seguito della stipula di un contratto ad effetti reali, che cioè produce in modo immediato e diretto la costituzione del diritto sulla cosa, avente forma scritta a pena di nullità, oppure successivamente alla pubblicazione di un testamento che contenga una disposizione in tal senso.

Si diventa altresì titolari di un diritto di superficie allorché per almeno venti anni si sia esercitato sul suolo altrui un possesso conforme al contenuto del diritto in oggetto. Frequente nella prassi è il ricorso allo schema del diritto di superficie qualora si voglia concedere a privati il diritto di edificare su un suolo pubblico; in tal caso, peraltro, la Pubblica Amministrazione impone ai superficiari ulteriori vincoli e limitazioni nel superiore interesse della collettività, cosicché il mancato rispetto di detti limiti comporta la decadenza dal diritto di superficie.

Il titolare di un diritto di superficie può altresì costituire un’ipoteca sul bene oggetto del suo diritto; al proprietario superficiario, di contro, è consentito anche costituire sul bene un diritto di servitù o di abitazione.

A tal punto è necessario soffermarsi sulla sorte del diritto d’ipoteca e degli altri diritti reali costituiti dal superficiario. Qualora il diritto di superficie si estingua per scadenza del termine originariamente previsto, ciò comporta anche l’estinzione dell’ipoteca; allorché, invece, il diritto di superficie venga meno per una causa diversa, l’ipoteca continua a gravare separatamente sulla costruzione. Analoghi principi si applicano con riferimento alla sorte dei diritti reali di godimento.

Prendiamo ora in esame le cause di possibile estinzione del diritto di superficie. Esse possono distinguersi a seconda che presentino natura convenzionale, producano la conseguenza della consolidazione in capo allo stesso soggetto della proprietà del suolo e del diritto di superficie ovvero consistano nella prescrizione per non uso ventennale. Un’ipotesi particolare, peraltro, si configura a seguito della mancata osservanza da parte dei privati delle norme dettate dalla pubblica autorità per l’esercizio dello ius ad aedificandum ( c. d. decadenza).

Il Codice civile, inoltre, non prevede il residuare di alcun effetto obbligatorio successivamente all’estinzione del diritto di superficie.

Il diritto di enfiteusi

Il diritto di enfiteusi, retaggio dell’epoca del feudalesimo, ha trovato regolamentazione nel codice civile del 1942 agli articoli 957-977 al fine di incentivare la produttività delle terre grazie all’attività degli agricoltori.

La posizione dell’enfiteuta è sostanzialmente equiparata a quella del proprietario, di cui vengono mutuate le facoltà, fatta eccezione per due obblighi specifici che connotano la figura dell’enfiteuta: l’obbligo di miglioramento del fondo ottenuto in concessione e l’obbligo di pagamento di un canone periodico al dominus. Il legislatore ha dunque previsto una scissione tra la titolarità giuridica del diritto e l’esercizio delle facoltà connesse al godimento.

Ciò detto, il diritto di enfiteusi può sorgere attraverso la stipula di atti di autonomia privata, che, avendo ad oggetto beni immobili, per lo più di destinazione agricola, richiedono la forma scritta a pena di nullità; in forza di provvedimenti amministrativi; per usucapione.

Per quel che riguarda la posizione del proprietario-concedente, essa può essere sintetizzata in un quadro di diritti e di obblighi essenziali: a) il diritto al miglioramento del fondo, che, nel silenzio del patto intercorso tra privati, può consistere anche in un mutamento della destinazione economica dell’immobile e deve comunque essere considerato anche alla luce delle capacità lavorative dell’enfiteuta; b) il diritto di credito al canone periodico; c) il diritto di chiedere la ricognizione dell’enfiteusi, mediante una dichiarazione resa dall’enfiteuta e volta ad interrompere il periodo di possesso del bene valido ai fini dell’usucapione; d) il diritto di devoluzione, in caso di inadempimento degli obblighi previsti dalla legge da parte dell’enfiteuta, il quale, pertanto, non migliora o deteriora il fondo oppure non versa almeno due annualità di canone; e) il diritto di ritenzione delle addizioni poste in essere dall’enfiteuta.

L’obbligo principale del dominus deve invece essere individuato nell’obbligo di rimborsare all’enfiteuta il valore dei miglioramenti apportati sul fondo.

I diritti dell’enfiteuta, d’altro canto, vanno ricercati nel diritto di affrancazione, cosicché il concessionario possa acquistare la piena proprietà del fondo versando al concedente una somma attualmente pari a quindici volte l’ammontare del canone, nel diritto di credito al rimborso del maggior valore dato al fondo grazie alla propria opera, nonché nel diritto di ritenzione delle addizioni unite al terreno qualora il loro valore non gli venga rimborsato dal proprietario.Degli obblighi dell’enfiteuta già si è detto.

Da ultimo, l’estinzione del diritto di enfiteusi può avvenire per una serie di motivi: per scadenza del termine finale eventualmente apposto, termine che comunque non può essere inferiore a venti anni (la giurisprudenza di legittimità fin dal 1945 ha affermato che, nel silenzio del titolo, si presume la perpetuità dell’enfiteusi); per la devoluzione esercitata dal concedente, che pertanto riunisce in sé la titolarità del diritto e l’esercizio delle facoltà ad esso connesse; in virtù del diritto di affrancazione esercitato dall’enfiteuta; per il perimento integrale del fondo, che fa venir meno l’oggetto stesso del diritto, nonché per il non uso del diritto di enfiteusi protratto per venti anni.

La giurisprudenza della Suprema Corte, peraltro, ha avuto modo di esaminare un’ampia casistica di ipotesi che possono condurre all’estinzione del diritto di enfiteusi: in un’occasione ha dunque chiarito che non si ha perimento totale del fondo nel caso in cui sia possibile un’altra destinazione, ancorché meno produttiva; successivamente ha inoltre precisato che non è equiparabile al perimento totale neppure l’acquisto del carattere edificatorio di un terreno in precedenza rustico.

Fonte: 101professionisti.it

http://www.101professionisti.it/guide/proprieta/superficie.aspx

Codice Civile – Libro Quarto: Delle obbligazioni Titolo III: Dei singoli contratti

Capo III: Della permuta

Art. 1552 Nozione
La permuta è il contratto (1321) che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro (1376).

Art. 1553 Evizione
Il permutante, se ha sofferto l’evizione e non intende riavere la cosa data, ha diritto al valore della cosa evitta, secondo le norme stabilite per la vendita (1483 e seguenti), salvo in ogni caso il risarcimento del danno (1223).

Art. 1554 Spese della permuta
Salvo patto contrario, le spese della permuta e le altre accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali.

Art. 1555 Applicabilità delle norme sulla vendita
Le norme stabilite per la vendita si applicano alla permuta, in quanto siano con questa compatibili (1470 e seguenti).

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