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Diritti Reali di Godimento
I diritti reali di godimento sono diritti reali minori su cosa altrui (iura in re aliena). Sono detti diritti reali minori perché hanno un contenuto più ristretto rispetto alla proprietà. Questi diritti gravano su beni che sono proprietà di soggetti diversi, i quali vedono limitato il proprio diritto di proprietà. Quando questo requisito (l’altruità della cosa) viene meno, perché il titolare del diritto reale minore diventa anche proprietario, automaticamente viene meno il diritto minore, che si estingue attraverso la cosiddetta consolidazione. Anche i diritti reali minori hanno le caratteristiche proprie dei diritti reali. L’assolutezza, l’inerenza alla cosa (il particolare nesso tra il bene e il diritto), la tipicità (i diritti reali sono in numero chiuso, cioè sono soltanto quelli previsti per legge) e l’elasticità. A differenza della proprietà, che è perpetua, i diritti reali minori possono essere perpetui oppure a tempo determinato. Tutti i diritti reali di godimento si estinguono per non uso, se quest’ultimo si protrae per venti anni. I diritti reali di godimento sono il diritto di superficie, l’enfiteusi, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione e le servitù.
USUFRUTTO
L’usufrutto è un diritto reale minore regolato dagli articoli 978 e seguenti del codice civile, consistente nella facoltà di godimento di un bene uti dominus (utilizzandolo per il proprio vantaggio, potendo percepirne anche i frutti), limitata solo dal non poterne trasferire la proprietà principale ed al rispetto della destinazione economica impressavi dal proprietario. Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui dal contenuto molto vasto: le facoltà dell’usufruttuario hanno infatti un’estensione che si approssima, pur senza raggiungerla, alla facoltà di godere delle cose spettante al proprietario, al quale residua la nuda proprietà. Il diritto di usufrutto è sempre temporaneo. Non può infatti durare oltre la vita dell’usufruttuario o, se questo èuna persona giuridica, oltre il termine di trenta anni. L’usufrutto, che viene disposto contro il proprietario, può essere costituito anche a favore di una pluralità di viventi, ed opera fra questi il diritto di accrescimento,estinguendosi in questo caso l’usufrutto alla morte dell’ultimo superstite. Le spese e le imposte relative alla cosa sono ripartite tra nudo proprietario (spese per le straordinarie riparazioni ed imposte che gravano sulla proprietà) ed usufruttuario (spese per l’ordinaria manutenzione ed imposte che incombono sul reddito). Il nudo proprietario può rifiutarsi di pagare le spese straordinarie relative alla proprietà, in questo caso l’usufruttuario può decidere di coprire le incombenze e pretendere successivamente il rimborso dei beni versati per sostenere le spese straordinarie al momento della cessazione dell’usufrutto. La separazione di usufrutto e nuda proprietà è uno schema talora utilizzato nella vendita di immobili. Il valore di mercato dell’immobile viene scontato di un ammontare che decresce con l’età dell’usufruttuario, poiché si prevede rispetto alla vita media un minore numero di anni in cui diventerà pieno l’esercizio dei diritti di proprietà e l’immobile sarà abitabile per l’acquirente. In alcuni casi, è lo stesso proprietario che vende la nuda proprietà dell’immobile per disporre di un reddito integrativo (per la vecchiaia in particolare), e si tiene l’usufrutto. L’intestatario dell’immobile è certo della nuda proprietà, mentre può essere privato dell’usufrutto se non esercitai diritti ad esso legati (come la domiciliazione o l’affitto). I sindaci non hanno poteri di espropriazione forzata, ma la legge conferisce loro il potere di confisca degli immobili disabitati e sfitti da un periodo maggiore di 7 anni, per porre rimedio ad una situazione di caro-case e di emergenza abitativa. Il principio applicato è quello del primato della pubblica utilità sull’interesse privato, e in base a questo il Comune diventa l’usufruttuario che assegna gli immobili a persone residenti, e incassa un affitto da quanti si trasferiscono ad abitare negli appartamenti confiscati.
USO
L’uso, assieme all’abitazione, è un diritto reale di godimento minore, cioè un tipo limitato di usufrutto. L’uso consiste nel diritto di servirsi di un bene, e se fruttifero, di raccoglierne i frutti limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art. 1021) Il diritto si distingue dall’usufrutto proprio per tale limite ad esso imposto. Dato il suo carattere personale il diritto d’uso (e anche quello di abitazione) non può essere ceduto, pertanto il bene non può essere concesso in locazione o in godimento a terzi. Il diritto d’uso di estingue al pari di quello di usufrutto con la morte del titolare, e pertanto non può formare oggetto di disposizione testamentaria.
Art. 1021 – Uso – Chi ha il diritto d’uso di una cosa, può servirsi di essa e, se è fruttifera, può raccogliere i frutti (821) per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia (1023 e seguenti, 1100). I bisogni si devono valutare secondo la condizione socialedel titolare del diritto.
Art. 1025 – Obblighi inerenti all’uso e all’abitazione – Chi ha l’uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa é tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l’usufruttuario (1004 e seguenti). Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art. 1023 – Ambito della famiglia – Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o d’abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto e sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi (291 eseguenti), i figli naturali riconosciuti (250 e seguenti) e gli affiliati (404 e seguenti), anche se l’adozione, il riconoscimento o l’affiliazione sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi (att. 153).
Art. 1024 – Divieto di cessione – I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere (853) o dare in locazione.
ABITAZIONE
Il diritto reale di abitazione è un diritto reale minore di godimento su cosa altrui, disciplinato dagliarticoli 1022 e seguenti del Codice Civile. Il diritto reale di abitazione è ancora più circoscritto del diritto di uso: ha per oggetto una casa e consiste nel diritto di abitarla limitatamente ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia.Il diritto di abitazione può essere esercitato esclusivamente dimorando nell’immobile adibito adabitazione.La disciplina codicistica non consente di cedere il diritto in parola ad altri o di dare la casa gravata in locazione. Il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza coniugale, spetta anche, in caso di morte di uno dei coniugi, al coniuge superstite, ed essendo considerato un legato “ex lege”, si acquisisce immediatamenteal momento dell’apertura della successione ereditaria. Nota a parte merita invece l’assegnazione della casa coniugale, a seguito di separazione dei coniugi, al coniuge affidatario della prole minore o – dopo le modifiche introdotte dalla Legge 8 febbraio 2006, n.54 – in caso di affidamento condiviso, al coniuge con il quale la prole minore stabilisce la propria residenza abituale. Tale fattispecie, infatti, non integra in capo al coniuge assegnatario un diritto reale di abitazione, ma solo un diritto di natura personale, in quanto disposta unicamente nell’interesse della prole (Cass. Civ., Sez. V, sent. 6192/2007).
Art. 1022 – Abitazione – Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.
Art. 1025 – Obblighi inerenti all’uso e all’abitazione – Chi ha l’uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa é tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l’usufruttuario (1004 e seguenti). Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art. 1023 – Ambito della famiglia – Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o d’abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto e sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi (291 eseguenti), i figli naturali riconosciuti (250 e seguenti) e gli affiliati (404 e seguenti), anche se l’adozione, il riconoscimento o l’affiliazione sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi (att. 153).
Art. 1024 – Divieto di cessione – I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere (853) o dare in locazione.
Art.1025 – Obblighi inerenti all’uso e all’abitazione – Chi ha l’uso di un fondo e ne raccoglie tutti i frutti o chi ha il diritto di abitazione e occupa tutta la casa è tenuto alle spese di coltura, alle riparazioni ordinarie e al pagamento dei tributi come l’usufruttuario. Se non raccoglie che una parte dei frutti o non occupa che una parte della casa, contribuisce in proporzione di ciò che gode.
Art.1026 – Applicabilità delle norme sull’usufrutto – Le disposizioni relative all’usufrutto si applicano, in quanto compatibili all’uso e all’abitazione
Titolo V – Dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione
Capo I – Dell’usufrutto Sezione I – Disposizioni generali
Art. 978. Costituzione. L’usufrutto è stabilito dalla legge o dalla volontà dell’uomo. Può anche acquistarsi per usucapione.
Art. 324. Usufrutto legale. I genitori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto dei beni del figlio. I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all’istruzione ed educazione dei figli. Non sono soggetti ad usufrutto legale: 1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; 2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un’arte o una professione; 3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l’usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima; 4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell’interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art. 1350. Atti che devono farsi per iscritto. Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, il diritto del concedente e dell’enfiteuta; 3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione; 5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti; 6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico; 7) i contratti di anticresi; 8 ) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni; 9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato; 10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato; 11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari; 12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti; 13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.
Art. 1376. Contratto con effetti reali. Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata , la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.
Art. 2643. Atti soggetti a trascrizione. Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili; 2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie i diritti del concedente e dell’enfiteuta; 3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti; 4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione; 5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti ; 6) i provvedimenti con i quali nell’esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente; 7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico; 8 ) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni; 9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni; 10) i contratti di società e di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell’associazione eccede i nove anni o è indeterminata; 11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l’effetto indicato dal numero precedente; 12) i contratti di anticresi; 13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti; 14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeriprecedenti.
Art. 2644. Effetti della trascrizione. Gli atti enunciati nell’articolo precedente non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi. Seguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l’acquisto risalga a data anteriore.
Art. 2684. Atti soggetti a trascrizione. Sono soggetti alla trascrizione per gli effetti stabiliti dall’articolo 2644: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà o costituiscono la comunione; 2) i contratti che costituiscono o modificano diritti di usufrutto o di uso o che trasferiscono il diritto di usufrutto; 3) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti; 4) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti indicati dai numeri precedenti; 5) i provvedimenti con i quali nel giudizio di espropriazione si trasferiscono la proprietà o gli altri diritti menzionati nei numeri precedenti; 6) le sentenze che operano la costituzione, la modificazione o il trasferimento di uno dei diritti indicati dai numeri precedenti.
Fonte: Comune di Fano Adriano
http://www.comunefanoadriano.it/download/per_i_tecnici/diritti_reali_di_godimento.pdf
Enfiteusi
nozione | è un diritto reale che attribuisce all’enfiteuta il diritto di godimento di un immobile dietro l’obbligo di pagare un canone e di migliorare il bene |
L’enfiteusi è un diritto reale ormai quasi completamente in disuso; fu usato soprattutto nell’800 per permettere agli agricoltori di avere pieni poteri sui fondi che coltivavano, con la possibilità per l’enfiteuta di affrancare il fondo divenendone proprietario.
Per cercare di bilanciare la posizione dell’enfiteuta e quella del proprietario ( spogliato in gran parte dei suoi poteri) si stabilì un periodo minino di durata del diritto (20 anni) e la stessa possibilità di affrancazione era subordinata al trascorrere del ventennio.
Questa situazione è stata, però, in parte modificata dall”art. 10 l. 18 dicembre 1970, n. 1138 che ha abrogato i primo tre commi dell’art. 971 che stabilivano, appunto, il periodo minimo di affrancazione in venti anni.
Nella situazione attuale, quindi, non c’è termine per procedere alla affrancazione, potendo chiederla anche subito dopo la nascita del diritto; stando così le cose, i casi in cui sopravvive l’enfiteusi sono davvero pochi.
Fatta questa premessa, vediamo di schematizzare gli aspetti essenziali del diritto.
costituzione dell’enfiteusi |
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Passiamo, ora, agli obblighi e diritti delle parti.
diritti e obblighi dell’enfiteuta |
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Consideriamo la posizione del proprietario.
diritti e obblighi del proprietario |
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Veniamo alla durata e prescrizione dell’enfiteusi.
durata e prescrizione |
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Chiudiamo l’argomento con i casi di estinzione del diritto reale.
estinzione dell’enfiteusi |
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Fonte: DirittoPrivatoInRete.it
http://www.dirittoprivatoinrete.it/enfiteusi.htm
Servitù
Codice Civile
Libro Terzo
Della proprietà
Titolo VI
Delle servitù prediali
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1027.
Contenuto del diritto.
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
Art. 1028.
Nozione dell’utilità.
L’utilità può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante. Può del pari essere inerente alla destinazione industriale del fondo.
Art. 1029.
Servitù per vantaggio futuro.
È ammessa la costituzione di una servitù per assicurare a un fondo un vantaggio futuro.
È ammessa altresì a favore o a carico di un edificio da costruire o di un fondo da acquistare; ma in questo caso la costituzione non ha effetto se non dal giorno in cui l’edificio è costruito o il fondo è acquistato.
Art. 1030.
Prestazioni accessorie.
Il proprietario del fondo servente non è tenuto a compiere alcun atto per rendere possibile l’esercizio della servitù da parte del titolare , salvo che la legge o il titolo disponga altrimenti.
Art. 1031.
Costituzione delle servitù.
Le servitù prediali possono essere costituite coattivamente o volontariamente . Possono anche essere costituite per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Capo II
Delle servitù coattive
Art. 1032.
Modi di costituzione.
Quando in forza di legge , il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù, questa, in mancanza di contratto è costituita con sentenza . Può anche essere costituita con atto dell’autorità amministrativa nei casi specialmente determinati dalla legge.
La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina l’indennità dovuta .
Prima del pagamento dell’indennità il proprietario del fondo servente può opporsi all’esercizio della servitù.
Sezione I
Dell’acquedotto e dello scarico coattivo
Art. 1033.
Obbligo di dare passaggio alle acque.
Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.
Art. 1034.
Apertura di nuovo acquedotto.
Chi ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire il necessario acquedotto , ma non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti e destinati al corso di altre acque.
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù può tuttavia impedire la costruzione, consentendo il passaggio nei propri acquedotti già esistenti, qualora ciò non rechi notevole pregiudizio alla condotta che si domanda. In tal caso al proprietario dell’acquedotto è dovuta una indennità da determinarsi avuto riguardo all’acqua che s’introduce, al valore dell’acquedotto, alle opere che si rendono necessarie per il nuovo passaggio e alle maggiori spese di manutenzione.
La facoltà indicata dal comma precedente non è consentita al proprietario del fondo servente nei confronti della pubblica amministrazione.
Art. 1035.
Attraversamento di acquedotti.
Chi vuol condurre l’acqua per il fondo altrui può attraversare al disopra o al disotto gli acquedotti preesistenti, appartengano essi al proprietario del fondo o ad altri, purché esegua le opere necessarie a impedire ogni danno o alterazione degli acquedotti stessi.
Art. 1036.
Attraversamento di fiumi o di strade.
Se per la condotta delle acque occorre attraversare strade pubbliche o corsi di acque pubbliche, si osservano le leggi e i regolamenti sulle strade e sulle acque.
Art. 1037.
Condizioni per la costituzione della servitù.
Chi vuol far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che può disporre dell’acqua durante il tempo per cui chiede il passaggio; che la medesima è sufficiente per l’uso al quale si vuol destinare; che il passaggio richiesto è il più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni dei fondi vicini, al pendio e alle altre condizioni per la condotta, per il corso e lo sbocco delle acque.
_______________
Cfr. Corte d’Appello di Brescia, sentenza 1 aprile 2009 in Altalex Massimario.
Art. 1038.
Indennità per l’imposizione della servitù.
Prima di imprendere la costruzione dell’acquedotto , chi vuol condurre acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima, dei terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti al fondo, oltre l’indennità per i danni, ivi compresi quelli derivanti dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento del fondo da intersecare .
Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito delle materie estratte e per il getto dello spurgo non si deve pagare che la metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario del fondo servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare le materie ammucchiate, purché tutto segua senza danno dell’acquedotto, del suo spurgo e della sua riparazione.
Art. 1039.
Indennità per il passaggio temporaneo.
Qualora il passaggio delle acque sia domandato per un tempo non maggiore di nove anni, il pagamento dei valori e delle indennità indicati dall’articolo precedente è ristretto alla sola metà, ma con l’obbligo, scaduto il termine, di rimettere le cose nel primitivo stato.
Il passaggio temporaneo può essere reso perpetuo prima della scadenza del termine mediante il pagamento dell’altra metà con gli interessi legali dal giorno in cui il passaggio è stato praticato; scaduto il termine, non si tiene più conto di ciò che è stato pagato per la concessione temporanea.
Art. 1040.
Uso dell’acquedotto.
Chi possiede un acquedotto nel fondo altrui non può immettervi maggior quantità d’acqua, se l’acquedotto non ne è capace o ne può venir danno al fondo servente.
Se l’introduzione di una maggior quantità d’acqua esige nuove opere, queste non possono farsi, se prima non se ne determinano la natura e la qualità e non si paga la somma dovuta per il suolo da occupare e per i danni nel modo stabilito dall’articolo 1038.
La stessa disposizione si applica anche quando per il passaggio attraverso un acquedotto occorre sostituire una tomba a un ponte-canale o viceversa.
Art. 1041.
Letto dell’acquedotto.
È sempre in facoltà del proprietario del fondo servente di far determinare stabilmente il letto dell’acquedotto con l’apposizione di capisaldi o soglie da riportarsi a punti fissi. Se però di tale facoltà egli non ha fatto uso al tempo della concessione dell’acquedotto, deve sopportare la metà delle spese occorrenti.
Art. 1042.
Obblighi inerenti all’uso di corsi contigui a fondi altrui.
Se un corso d’acqua impedisce ai proprietari dei fondi contigui l’accesso ai medesimi, o la continuazione dell’irrigazione o dello scolo delle acque, coloro che si servono di quel corso sono obbligati, in proporzione del beneficio che ne ritraggono, a costruire e a mantenere i ponti e i loro accessi sufficienti per un comodo e sicuro transito, come pure le botti sotterranee, i ponti-canali o altre opere simili per continuare l’irrigazione o lo scolo, salvi i diritti derivanti dal titolo o dall’usucapione.
Art. 1043.
Scarico coattivo.
Le disposizioni contenute negli articoli precedenti per il passaggio delle acque si applicano anche se il passaggio è domandato al fine di scaricare acque sovrabbondanti che il vicino non consente di ricevere nel suo fondo.
Lo scarico può essere anche domandato per acque impure, purché siano adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o molestia.
Art. 1044.
Bonifica.
Ferme le disposizioni delle leggi sulla bonifica e sul vincolo forestale, il proprietario che intende prosciugare o bonificare le sue terre con fognature, con colmate o altri mezzi ha diritto, premesso il pagamento dell’indennità e col minor danno possibile, di condurre per fogne o per fossi le acque di scolo attraverso i fondi che separano le sue terre da un corso di acqua o da qualunque altro colatoio.
Se il prosciugamento risulta in contrasto con gli interessi di coloro che utilizzano le acque provenienti dal fondo paludoso, e se gli opposti interessi non si possono conciliare con opportune opere che importino una spesa proporzionata allo scopo, l’autorità giudiziaria dà le disposizioni per assicurare l’interesse prevalente, avuto in ogni caso riguardo alle esigenze generali della produzione. Se si fa luogo al prosciugamento, può essere assegnata una congrua indennità a coloro che al prosciugamento si sono opposti.
Art. 1045.
Utilizzazione di fogne o di fossi altrui.
I proprietari dei fondi attraversati da fogne o da fossi altrui, o che altrimenti possono approfittare dei lavori fatti in forza dell’articolo precedente, hanno facoltà di servirsene per risanare i loro fondi, a condizione che non ne venga danno ai fondi già risanati e che essi sopportino le nuove spese occorrenti per modificare le opere già eseguite, affinché queste siano in grado di servire anche ai fondi attraversati, e inoltre sopportino una parte proporzionale delle spese già fatte e di quelle richieste per il mantenimento delle opere, le quali divengono comuni.
Art. 1046.
Norme per l’esecuzione delle opere.
Nell’esecuzione delle opere indicate dagli articoli precedenti sono applicabili le disposizioni del secondo comma dell’articolo 1033 e degli articoli 1035 e 1036.
Sezione II
Dell’appoggio e dell’infissione di chiusa
Art. 1047.
Contenuto della servitù.
Chi ha diritto di derivare acque da fiumi, torrenti, rivi, canali, laghi o serbatoi può, qualora sia necessario, appoggiare o infiggere una chiusa alle sponde, con l’obbligo però di pagare l’indennità e di fare e mantenere le opere atte ad assicurare i fondi da ogni danno.
Art. 1048.
Obblighi degli utenti.
Nella derivazione e nell’uso delle acque a norma del precedente articolo, deve evitarsi tra gli utenti superiori e gli inferiori ogni vicendevole pregiudizio che possa provenire dallo stagnamento, dal rigurgito o dalla diversione delle acque medesime.
Sezione III
Della somministrazione coattiva di acqua a un edificio o a un fondo
Art. 1049.
Somministrazione di acqua a un edificio.
Se a una casa o alle sue dipendenze manca l’acqua necessaria per l’alimentazione degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è possibile procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del fondo vicino deve consentire che sia dedotta l’acqua di sopravanzo nella misura indispensabile per le necessità anzidette.
Prima che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore dell’acqua, che si chiede di dedurre, calcolato per un’annualità. Si devono altresì sostenere tutte le spese per le opere di presa e di derivazione. Si applicano inoltre le disposizioni del primo comma dell’articolo 1038.
In mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità della derivazione e l’indennità dovuta.
Qualora si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione può essere soppressa su istanza dell’una o dell’altra parte.
Art. 1050.
Somministrazione di acqua a un fondo.
Le norme stabilite dall’articolo precedente si applicano anche se il proprietario di un fondo non ha acqua per irrigarlo, quando le acque del fondo vicino consentono una parziale somministrazione, dopo soddisfatto ogni bisogno domestico, agricolo o industriale.
Le disposizioni di questo articolo e del precedente non si applicano nel caso in cui delle acque si dispone in forza di concessione amministrativa.
Sezione IV
Del passaggio coattivo
Art. 1051.
Passaggio coattivo.
Il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.
Il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l’accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito. Esso può essere stabilito anche mediante sottopassaggio, qualora ciò sia preferibile, avuto riguardo al vantaggio del fondo dominante e al pregiudizio del fondo servente.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso in cui taluno avendo un passaggio sul fondo altrui, abbia bisogno ai fini suddetti di ampliarlo per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica.
Sono esenti da questa servitù le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.
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Cfr. Cassazione Civile, sez. II, sentenza 30 settembre 2009, n. 20997, Cassazione Civile, sez. II, sentenza 5 ottobre 2009, n. 21255 e Tribunale di Catanzaro, sez. I civile, ordinanza 9 marzo 2010, n. 177 in Altalex Massimario.
Art. 1052.
Passaggio coattivo a favore di fondo non intercluso.
Le disposizioni dell’articolo precedente si possono applicare anche se il proprietario del fondo ha un accesso alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato.
Il passaggio può essere concesso dall’autorità giudiziaria solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria.
Art. 1053.
Indennità.
Nei casi previsti dai due articoli precedenti è dovuta un’indennità proporzionata al danno cagionato dal passaggio.
Qualora per attuare il passaggio, sia necessario occupare con opere stabili o lasciare incolta una zona del fondo servente, il proprietario che lo domanda deve, prima d’imprendere le opere o di iniziare il passaggio, pagare il valore della zona predetta nella misura stabilita dal primo comma dell’articolo 1038.
Art. 1054.
Interclusione per effetto di alienazione o di divisione.
Se il fondo è divenuto da ogni parte chiuso per effetto di alienazione a titolo oneroso, il proprietario ha diritto di ottenere dall’altro contraente il passaggio senza alcuna indennità.
La stessa norma si applica in caso di divisione.
Art. 1055.
Cessazione dell’interclusione.
Se il passaggio cessa di essere necessario , può essere soppresso in qualunque tempo a istanza del proprietario del fondo dominante o del fondo servente. Quest’ultimo deve restituire il compenso ricevuto; ma l’autorità giudiziaria può disporre una riduzione della somma, avuto riguardo alla durata della servitù e al danno sofferto. Se l’indennità fu convenuta in annualità, la prestazione cessa dall’anno successivo.
Sezione V
Dell’elettrodotto coattivo e del passaggio coattivo di linee teleferiche
Art. 1056.
Passaggio di condutture elettriche.
Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia.
Art. 1057.
Passaggio di vie funicolari.
Ogni proprietario è parimenti tenuto a lasciar passare sopra il suo fondo le gomene di vie funicolari aeree a uso agrario o industriale e a tollerare sul fondo le opere, i meccanismi e le occupazioni necessarie a tale scopo, in conformità delle leggi in materia.
Capo III
Delle servitù volontarie
Art. 1058.
Modi di costituzione.
Le servitù prediali possono essere costituite per contratto o per testamento.
Art. 1059.
Servitù concessa da uno dei comproprietari.
La servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non è costituita se non quando gli altri l’hanno anch’essi concessa unitamente o separatamente.
La concessione, però fatta da uno dei comproprietari, indipendentemente dagli altri, obbliga il concedente e i suoi eredi o aventi causa a non porre impedimento all’esercizio del diritto concesso.
Art. 1060.
Servitù costituite dal nudo proprietario.
Il proprietario può, senza il consenso dell’usufruttuario, imporre sul fondo le servitù che non pregiudicano il diritto di usufrutto.
Capo IV
Delle servitù acquistate per usucapione e per destinazione del padre di famiglia
Art. 1061.
Servitù non apparenti.
Le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
Non apparenti sono le servitù quando non si hanno opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio.
Art. 1062.
Destinazione del padre di famiglia.
La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
Capo V
Dell’esercizio delle servitù
Art. 1063.
Norme regolatrici.
L’estensione e l’esercizio delle servitù sono regolati dal titolo e, in mancanza, dalle disposizioni seguenti.
Art. 1064.
Estensione del diritto di servitù.
Il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne.
Se il fondo viene chiuso , il proprietario deve lasciarne libero e comodo l’ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario il passaggio per il fondo stesso.
Art. 1065.
Esercizio conforme al titolo o al possesso.
Colui che ha un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo o del suo possesso.
Nel dubbio circa l’estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente.
Art. 1066.
Possesso delle servitù.
Nelle questioni di possesso delle servitù si ha riguardo alla pratica dell’anno antecedente e, se si tratta di servitù esercitate a intervalli maggiori di un anno, si ha riguardo alla pratica dell’ultimo godimento.
Art. 1067.
Divieto di aggravare o di diminuire l’esercizio della servitù.
Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente.
Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo.
Art. 1068.
Trasferimento della servitù in luogo diverso.
Il proprietario del fondo servente non può trasferire l’esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente.
Tuttavia, se l’originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente, o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell’altro fondo un luogo egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo.
Il cambiamento di luogo per l’esercizio della servitù si può del pari concedere su istanza del proprietario del fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente.
L’autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l’esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante.
Art. 1069.
Opere sul fondo servente.
Il proprietario del fondo dominante, nel fare le opere necessarie per conservare la servitù, deve scegliere il tempo e il modo che siano per recare minore incomodo al proprietario del fondo servente.
Egli deve fare le opere a sue spese, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge.
Se però le opere giovano anche al fondo servente, le spese sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi.
Art. 1070.
Abbandono del fondo servente.
Il proprietario del fondo servente, quando è tenuto in forza del titolo o della legge alle spese necessarie per l’uso o per la conservazione della servitù , può sempre liberarsene, rinunziando alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante.
Nel caso in cui l’esercizio della servitù sia limitato a una parte del fondo, la rinunzia può limitarsi alla parte stessa.
Art. 1071.
Divisione del fondo dominante o del fondo servente.
Se il fondo dominante viene diviso, la servitù è dovuta a ciascuna porzione, senza che però si renda più gravosa la condizione del fondo servente.
Se il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su una parte determinata del fondo stesso, le altre parti sono liberate.
Capo VI
Dell’estinzione delle servitù
Art. 1072.
Estinzione per confusione.
La servitù si estingue quando in una sola persona si riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del fondo servente.
Art. 1073.
Estinzione per prescrizione.
La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni.
Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non è necessario il fatto dell’uomo, il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l’esercizio.
Nelle servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l’esercizio.
Agli effetti dell’estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari.
Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune , l’uso della servitù fatto da una di esse impedisce l’estinzione riguardo a tutte.
La sospensione o l’interruzione della prescrizione a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.
Art. 1074.
Impossibilità di uso e mancanza di utilità.
L’impossibilità di fatto di usare della servitù e il venir meno dell’utilità della medesima non fanno estinguere la servitù, se non è decorso il termine indicato dall’articolo precedente.
Art. 1075.
Esercizio limitato della servitù.
La servitù esercitata in modo da trarne un’utilità minore di quella indicata dal titolo si conserva per intero.
Art. 1076.
Esercizio della servitù non conforme al titolo o al possesso.
L’esercizio di una servitù in tempo diverso da quello determinato dal titolo o dal possesso non ne impedisce l’estinzione per prescrizione.
Art. 1077.
Servitù costituite sul fondo enfiteutico.
Le servitù costituite dall’enfiteuta sul fondo enfiteutico cessano quando l’enfiteusi si estingue per decorso del termine , per prescrizione o per devoluzione.
Art. 1078.
Servitù costituite a favore del fondo enfiteutico, dotale o in usufrutto.
Le servitù costituite dall’enfiteuta a favore del fondo enfiteutico non cessano con l’estinguersi dell’enfiteusi . Lo stesso vale per le servitù costituite dall’usufruttuario a favore del fondo di cui ha l’usufrutto o dal marito a favore del fondo dotale.
Capo VII
Delle azioni a difesa delle servitù
Art. 1079.
Accertamento della servitù e altri provvedimenti di tutela.
Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l’esistenza contro chi ne contesta l’esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative . Può anche chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre il risarcimento dei danni.
Capo VIII
Di alcune servitù in materia di acque
Sezione I
Della servitù di presa o di derivazione di acqua
Art. 1080.
Presa d’acqua continua.
Il diritto alla presa d’acqua continua si può esercitare in ogni istante.
Art. 1081.
Modulo d’acqua.
Nelle servitù in cui è convenuta ed espressa una costante quantità di acqua, la quantità deve esprimersi in relazione al modulo.
Il modulo è l’unità di misura dell’acqua corrente.
Esso è un corpo d’acqua che scorre nella costante quantità di cento litri al minuto secondo e si divide in decimi, centesimi e millesimi.
Art. 1082.
Forma della bocca e dell’edificio derivatore.
Quando, per la derivazione di una data e costante quantità di acqua corrente, è stata determinata la forma della bocca e dell’edificio derivatore, le parti non possono chiederne la modificazione per eccedenza o deficienza d’acqua, salvo che l’eccedenza o la deficienza provenga da variazioni seguite nel canale dispensatore o nel corso delle acque in esso correnti.
Se la forma non è stata determinata, ma la bocca e l’edificio derivatore sono stati costruiti e posseduti per cinque anni, non è neppure ammesso dopo tale tempo alcun reclamo delle parti per eccedenza o deficienza d’acqua, salvo nel caso di variazione seguita nel canale o nel corso delle acque.
In mancanza di titolo o di possesso, la forma è determinata dall’autorità giudiziaria.
Art. 1083.
Determinazione della quantità di acqua.
Quando la quantità d’acqua non è stata determinata, ma la derivazione è stata fatta per un dato scopo, s’intende concessa la quantità necessaria per lo scopo medesimo, e chi vi ha interesse può in ogni tempo fare stabilire la forma della derivazione in modo che ne venga assicurato l’uso necessario e impedito l’eccesso.
Se però è stata determinata la forma della bocca e dell’edificio derivatore, o se, in mancanza di titolo, si è posseduta per cinque anni la derivazione in una data forma, non è ammesso reclamo delle parti, se non nel caso indicato dall’articolo precedente.
Art. 1084.
Norme regolatrici della servitù.
Per l’esercizio della servitù di presa di acqua , quando non dispone il titolo o non è possibile riferirsi al possesso, si osservano gli usi locali.
In mancanza di tali usi si osservano le disposizioni dei tre articoli seguenti.
Art. 1085.
Tempo d’esercizio della servitù.
Il diritto alla presa d’acqua si esercita per l’acqua estiva, dall’equinozio di primavera a quello d’autunno; per l’acqua iemale, dall’equinozio d’autunno a quello di primavera.
La distribuzione d’acqua per giorni e per notti si riferisce al giorno e alla notte naturali.
L’uso delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di precetto vigenti al tempo in cui l’uso fu convenuto o in cui si è incominciato a possedere.
Art. 1086.
Distribuzione per ruota.
Nelle distribuzioni per ruota il tempo che impiega l’acqua per giungere alla bocca di derivazione dell’utente si consuma a suo carico, e la coda dell’acqua appartiene a quello di cui cessa il turno.
Art. 1087.
Acque sorgenti o sfuggite.
Nei canali soggetti a distribuzioni per ruota le acque sorgenti o sfuggite, ma contenute nell’alveo del canale, non possono trattenersi o derivarsi da un utente che al tempo del suo turno.
Art. 1088.
Variazione del turno tra gli utenti.
Gli utenti dei medesimi canali possono variare o permutare tra loro il turno, purché tale cambiamento non rechi danno agli altri.
Art. 1089.
Acqua impiegata come forza motrice.
Chi ha diritto di servirsi dell’acqua come forza motrice non può, senza espressa disposizione del titolo, impedirne o rallentarne il corso, procurandone il ribocco o ristagno.
Art. 1090.
Manutenzione del canale.
Nella servitù di presa o di condotta d’acqua , quando il titolo non dispone altrimenti, il proprietario del fondo servente può domandare che il canale sia mantenuto convenientemente spurgato e le sue sponde siano tenute in istato di buona manutenzione a spese del proprietario del fondo dominante.
Art. 1091.
Obblighi del concedente fino al luogo di consegna dell’acqua.
Se il titolo non dispone diversamente, il concedente dell’acqua di una fonte o di un canale è tenuto verso gli utenti ad eseguire le opere ordinarie e straordinarie per la derivazione e condotta dell’acqua fino al punto in cui ne fa la consegna, a mantenere in buono stato gli edifici, a conservare l’alveo e le sponde della fonte o del canale, a praticare i consueti spurghi e a usare la dovuta diligenza, affinché la derivazione e la regolare condotta dell’acqua siano in tempi debiti effettuate.
Art. 1092.
Deficienza dell’acqua.
La deficienza dell’acqua deve essere sopportata da chi ha diritto di prenderla e di usarla nel tempo in cui la deficienza si verifica.
Tra diversi utenti la deficienza dell’acqua deve essere sopportata prima da quelli che hanno titolo o possesso più recente, e tra utenti in parità di condizione dall’ultimo utente.
Tuttavia l’autorità giudiziaria, con provvedimento in camera di consiglio , sentiti gli uffici tecnici competenti, può modificare o limitare i turni di utilizzazione e dare le altre disposizioni necessarie in relazione alla quantità di acqua disponibile, agli usi e alle colture a cui l’acqua è destinata.
Il concedente dell’acqua è tenuto a una proporzionale diminuzione del corrispettivo per la deficienza dell’acqua verificatasi per causa naturale o per fatto altrui. Parimenti si fa luogo alle dovute indennità in conseguenza delle modificazioni o limitazioni di turni, che siano state disposte dall’autorità giudiziaria.
Art. 1093.
Riduzione della servitù.
Se la servitù dà diritto di derivare acqua da un fondo e per fatti indipendenti dalla volontà del proprietario si verifica una diminuzione dell’acqua tale che essa non possa bastare alle esigenze del fondo servente, il proprietario di questo può chiedere una riduzione della servitù, avuto riguardo ai bisogni di ciascun fondo. In questo caso è dovuta una congrua indennità al proprietario del fondo dominante.
Sezione II
Della servitù degli scoli e degli avanzi di acqua
Art. 1094.
Servitù attiva degli scoli.
Gli scoli o acque colaticcie derivanti dall’altrui fondo possono costituire oggetto di servitù a favore del fondo che li riceve, all’effetto di impedire la loro diversione.
Art. 1095.
Usucapione della servitù attiva degli scoli.
Nella servitù attiva degli scoli il termine per l’usucapione comincia a decorrere dal giorno in cui il proprietario del fondo dominante ha fatto sul fondo servente opere visibili e permanenti destinate a raccogliere e condurre i detti scoli a vantaggio del proprio fondo.
Quando sul fondo servente è aperto un cavo destinato a raccogliere e condurre gli scoli, il regolare spurgo e la manutenzione delle sponde fanno presumere, che il cavo sia opera del proprietario del fondo dominante, purché non vi sia titolo, segno o prova in contrario.
Si reputa segno contrario l’esistenza sul cavo di opere costruite o mantenute dal proprietario del fondo in cui il cavo è aperto.
Art. 1096.
Diritti del proprietario del fondo servente.
La servitù degli scoli non toglie al proprietario del fondo servente il diritto di usare liberamente dell’acqua a vantaggio del suo fondo, di cambiare la coltivazione di questo e di abbandonarne in tutto o in parte l’irrigazione.
Art. 1097.
Diritto agli avanzi d’acqua.
Quando l’acqua è concessa, riservata o posseduta per un determinato uso, con restituzione al concedente o ad altri di ciò che ne sopravanza, tale uso non può variarsi a danno del fondo a cui la restituzione è dovuta.
Art. 1098.
Divieto di deviare acque di scolo o avanzi d’acqua.
Il proprietario del fondo vincolato alla restituzione degli scoli o degli avanzi d’acqua non può deviarne una parte qualunque adducendo di avervi introdotto una maggiore quantità di acqua viva o un diverso corpo, ma deve lasciarli discendere nella totalità a favore del fondo dominante.
Art. 1099.
Sostituzione di acqua viva.
Il proprietario del fondo soggetto alla servitù degli scoli o degli avanzi d’acqua può sempre liberarsi da tale servitù mediante la concessione e l’assicurazione al fondo dominante di un corpo di acqua viva, la cui quantità è determinata dall’autorità giudiziaria, tenuto conto di tutte le circostanze.
Fonte: AltaLex.com
Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo – Legge 9 dicembre 1998, n. 431
Capo I
LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVO
Art. 1.
(Ambito di applicazione).
1. I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati “contratti di locazione”, sono stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 2.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano:
a) ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell’articolo 2 della presente legge;
b) agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7 e 13 della presente legge non si applicano ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile. A tali contratti non si applica l’articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta.
Art. 2.
(Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione).
1. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’articolo 3, ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
2. Per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1, i contraenti possono avvalersi dell’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.
3. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che provvedono alla definizione di contratti-tipo. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette organizzazioni entro sessanta giorni dalla emanazione del decreto di cui al comma 2 dell’articolo 4. I medesimi accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell’area territoriale interessata.
4. Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, aliquote dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte. I comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, per la stessa finalità di cui al primo periodo possono derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.
5. I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 5. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’articolo 3, ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.
6. I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo.
Art. 3.
(Disdetta del contratto da parte del locatore).
1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:
a) quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
2. Nei casi di disdetta del contratto da parte del locatore per i motivi di cui al comma 1, lettere d) ed e), il possesso, per l’esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell’autorizzazione edilizia è condizione di procedibilità dell’azione di rilascio. I termini di validità della concessione o dell’autorizzazione decorrono dall’effettiva disponibilità a seguito del rilascio dell’immobile. Il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui all’articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l’immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata.
3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell’alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell’ultimo canone di locazione percepito.
4. Per la procedura di diniego di rinnovo si applica l’articolo 30 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.
5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell’alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.
6. Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.
Capo II
CONTRATTI DI LOCAZIONE STIPULATI IN BASE AD ACCORDI DEFINITI IN SEDE LOCALE
Art. 4.
(Convenzione nazionale).
1. Al fine di favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3 dell’articolo 2, il Ministro dei lavori pubblici convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, ogni tre anni a decorrere dalla medesima data, al fine di promuovere una convenzione, di seguito denominata “convenzione nazionale”, che individui i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell’immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti. In caso di mancanza di accordo delle parti, i predetti criteri generali sono stabiliti dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, con il decreto di cui al comma 2 del presente articolo, sulla base degli orientamenti prevalenti espressi dalle predette organizzazioni. I criteri generali definiti ai sensi del presente comma costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali di cui al comma 3 dell’articolo 2 e il loro rispetto costituisce condizione per l’applicazione dei benefici di cui all’articolo 8.
2. I criteri generali di cui al comma 1 sono indicati in apposito decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla conclusione della convenzione nazionale ovvero dalla constatazione, da parte del Ministro dei lavori pubblici, della mancanza di accordo delle parti, trascorsi novanta giorni dalla loro convocazione. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di applicazione dei benefici di cui all’articolo 8 per i contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 in conformità ai criteri generali di cui al comma 1 del presente articolo.
3. Entro quattro mesi dalla data di emanazione del decreto di cui al comma 2, il Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro delle finanze, fissa con apposito decreto le condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti di cui al comma 3 dell’articolo 2, nel caso in cui non vengano convocate da parte dei comuni le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano definiti gli accordi di cui al medesimo comma 3 dell’articolo 2.
4. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 60, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito atto di indirizzo e coordinamento, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, in sostituzione di quelli facenti riferimento alla legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni, criteri in materia di determinazione da parte delle regioni dei canoni di locazione per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Gli attuali criteri di determinazione dei canoni restano validi fino all’adeguamento da parte delle regioni ai criteri stabiliti ai sensi del presente comma.
Art. 5.
(Contratti di locazione di natura transitoria).
1. Il decreto di cui al comma 2 dell’articolo 4 definisce le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla presente legge per soddisfare particolari esigenze delle parti.
2. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare le esigenze abitative di studenti universitari sulla base di contratti-tipo definiti dagli accordi di cui al comma 3.
3. È facoltà dei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati, eventualmente d’intesa con comuni limitrofi, promuovere specifici accordi locali per la definizione, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, di contratti-tipo relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo per studenti universitari. Agli accordi partecipano, oltre alle organizzazioni di cui al comma 3 dell’articolo 2, le aziende per il diritto allo studio e le associazioni degli studenti, nonché cooperative ed enti non lucrativi operanti nel settore.
Capo III
ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI RILASCIO DEGLI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVO
Art. 6.
(Rilascio degli immobili).
1. Nei comuni indicati all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, le esecuzioni dei provvedimenti di rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo per finita locazione sono sospese per un periodo di centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il locatore ed il conduttore di immobili adibiti ad uso abitativo, per i quali penda provvedimento esecutivo di rilascio per finita locazione, avviano entro il termine di sospensione di cui al comma 1, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche tramite le rispettive organizzazioni sindacali, trattative per la stipula di un nuovo contratto di locazione in base alle procedure definite all’articolo 2 della presente legge.
3. Trascorso il termine di cui al comma 1 ed in mancanza di accordo fra le parti per il rinnovo della locazione, i conduttori interessati possono chiedere, entro e non oltre i trenta giorni dalla scadenza del termine fissato dal comma 1, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell’articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell’esecuzione. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell’articolo 11 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1982, n. 94. Avverso il decreto del pretore è ammessa opposizione al tribunale che giudica con le modalità di cui all’articolo 618 del codice di procedura civile. Il decreto con cui il pretore fissa nuovamente la data dell’esecuzione vale anche come autorizzazione all’ufficiale giudiziario a servirsi dell’assistenza della forza pubblica.
4. Per i provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione emessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge, il conduttore può chiedere una sola volta, con istanza rivolta al pretore competente ai sensi dell’articolo 26, primo comma, del codice di procedura civile, che sia nuovamente fissato il giorno dell’esecuzione entro un termine di sei mesi salvi i casi di cui al comma 5. Si applicano i commi dal secondo al settimo dell’articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982. Avverso il decreto del pretore il locatore ed il conduttore possono proporre opposizione per qualsiasi motivo al tribunale che giudica con le modalità di cui all’articolo 618 del codice di procedura civile.
5. Il differimento del termine delle esecuzioni di cui ai commi 3 e 4 può essere fissato fino a diciotto mesi nei casi in cui il conduttore abbia compiuto i 65 anni di età, abbia cinque o più figli a carico, sia iscritto nelle liste di mobilità, percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale, sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo, sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione, sia acquirente di un alloggio in costruzione, sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio. Il medesimo differimento del termine delle esecuzioni può essere fissato nei casi in cui il conduttore o uno dei componenti il nucleo familiare, convivente con il conduttore da almeno sei mesi, sia portatore di handicap o malato terminale.
6. Durante i periodi di sospensione delle esecuzioni di cui al comma 1 del presente articolo e al comma quarto dell’articolo 11 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, nonché per i periodi di cui all’articolo 3 del citato decreto-legge n. 551 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, come successivamente prorogati, e comunque fino all’effettivo rilascio, i conduttori sono tenuti a corrispondere, ai sensi dell’articolo 1591 del codice civile, una somma mensile pari all’ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, al quale si applicano automaticamente ogni anno aggiornamenti in misura pari al settantacinque per cento della variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente; l’importo cosí determinato è maggiorato del venti per cento. La corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell’articolo 1591 del codice civile. Durante i predetti periodi di sospensione sono dovuti gli oneri accessori di cui all’articolo 9 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni. In caso di inadempimento, il conduttore decade dal beneficio, comunque concesso, della sospensione dell’esecuzione del provvedimento di rilascio, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 55 della citata legge n. 392 del 1978.
7. Fatto salvo quanto previsto dai commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 551 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 61 del 1989, nonché quanto previsto dai commi primo, secondo e terzo dell’articolo 17 del citato decreto-legge n. 9 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 1982, è data priorità ai destinatari di provvedimenti di rilascio con data di esecuzione fissata entro il termine di tre mesi.
Art. 7.
(Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile).
1. Condizione per la messa in esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato è la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l’immobile è stato denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e che il reddito derivante dall’immobile medesimo è stato dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi. Ai fini della predetta dimostrazione, nel precetto di cui all’articolo 480 del codice di procedura civile devono essere indicati gli estremi di registrazione del contratto di locazione, gli estremi dell’ultima denuncia dell’unità immobiliare alla quale il contratto si riferisce ai fini dell’applicazione dell’ICI, gli estremi dell’ultima dichiarazione dei redditi nella quale il reddito derivante dal contratto è stato dichiarato nonché gli estremi delle ricevute di versamento dell’ICI relative all’anno precedente a quello di competenza.
Capo IV
MISURE DI SOSTEGNO AL MERCATO DELLE LOCAZIONI
Art. 8.
(Agevolazioni fiscali).
1. Nei comuni di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, il reddito imponibile derivante al proprietario dai contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 a seguito di accordo definito in sede locale e nel rispetto dei criteri indicati dal decreto di cui al comma 2 dell’articolo 4, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al comma 3 del medesimo articolo 4, determinato ai sensi dell’articolo 34 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è ulteriormente ridotto del 30 per cento. Per i suddetti contratti il corrispettivo annuo ai fini della determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro è assunto nella misura minima del 70 per cento.
2. Il locatore, per usufruire dei benefici di cui al comma 1, deve indicare nella dichiarazione dei redditi gli estremi di registrazione del contratto di locazione nonché quelli della denuncia dell’immobile ai fini dell’applicazione dell’ICI.
3. Le agevolazioni di cui al presente articolo non si applicano ai contratti di locazione volti a soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, fatta eccezione per i contratti di cui al comma 2 dell’articolo 5 e per i contratti di cui al comma 3 dell’articolo 1.
4. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell’interno e di grazia e giustizia, provvede, ogni ventiquattro mesi, all’aggiornamento dell’elenco dei comuni di cui al comma 1, anche articolando ed ampliando i criteri previsti dall’articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 899. La proposta del Ministro dei lavori pubblici è formulata avuto riguardo alle risultanze dell’attività dell’Osservatorio della condizione abitativa di cui all’articolo 12. Qualora le determinazioni del CIPE comportino un aumento del numero dei beneficiari dell’agevolazione fiscale prevista dal comma 1, è corrispondentemente aumentata, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, la percentuale di determinazione della base imponibile prevista dal medesimo comma. Tale aumento non si applica ai contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro delle finanze.
5. Al comma 1 dell’articolo 23 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare”.
6. Per l’attuazione dei commi da 1 a 4 è autorizzata la spesa di lire 4 miliardi per l’anno 1999, di lire 157,5 miliardi per l’anno 2000, di lire 247,5 miliardi per l’anno 2001, di lire 337,5 miliardi per l’anno 2002, di lire 427,5 miliardi per l’anno 2003 e di lire 360 miliardi a decorrere dall’anno 2004.
7. Per l’attuazione del comma 5 è autorizzata la spesa di lire 94 miliardi per l’anno 2000 e di lire 60 miliardi a decorrere dall’anno 2001.
Art. 9.
(Disposizioni per i fondi per la previdenza complementare).
1. I fondi per la previdenza complementare regolamentati dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che detengono direttamente beni immobili possono optare per la libera determinazione dei canoni di locazione oppure per l’applicazione dei contratti previsti dall’articolo 2, comma 3, della presente legge. Nel primo caso, tuttavia, i redditi derivanti dalle locazioni dei suddetti immobili sono soggetti all’IRPEG.
Art. 10.
(Ulteriori agevolazioni fiscali).
1. Con provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il triennio 2000-2002 è istituito, a decorrere dall’anno 2001, un fondo per la copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione, secondo modalità determinate dal medesimo provvedimento collegato, di una detrazione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in favore dei conduttori, appartenenti a determinate categorie di reddito, di alloggi locati a titolo di abitazione principale, da stabilire anche nell’ambito di una generale revisione dell’imposizione sugli immobili. Per gli esercizi successivi al triennio 2000-2002, alla dotazione del fondo si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
2. Le detrazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili con i contributi previsti dal comma 3 dell’articolo 11.
Art. 11.
(Fondo nazionale).
1. Presso il Ministero dei lavori pubblici è istituito il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione annua è determinata dalla legge finanziaria, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
2. Per ottenere i contributi di cui al comma 3 i conduttori devono dichiarare sotto la propria responsabilità che il contratto di locazione è stato registrato.
3. Le somme assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate per la concessione, ai conduttori aventi i requisiti minimi individuati con le modalità di cui al comma 4, di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili, di proprietà sia pubblica sia privata, nonché, qualora le disponibilità del Fondo lo consentano, per sostenere le iniziative intraprese dai comuni anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti per la locazione o attraverso attività di promozione in convenzione con cooperative edilizie per la locazione, tese a favorire la mobilità nel settore della locazione attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione per periodi determinati.
4. Il Ministro dei lavori pubblici, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce, con proprio decreto, i requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi di cui al comma 3 e i criteri per la determinazione dell’entità dei contributi stessi in relazione al reddito familiare e all’incidenza sul reddito medesimo del canone di locazione.
5. Le risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La ripartizione è effettuata ogni anno, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, dal CIPE, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome ai sensi del comma 6.
6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 3 con proprie risorse iscritte nei rispettivi bilanci.
7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla ripartizione fra i comuni delle risorse di cui al comma 6 nonché di quelle ad esse attribuite ai sensi del comma 5, sulla base di parametri che premino anche la disponibilità dei comuni a concorrere con proprie risorse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 3.
8. I comuni definiscono l’entità e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 3, individuando con appositi bandi pubblici i requisiti dei conduttori che possono beneficiarne, nel rispetto dei criteri e dei requisiti minimi di cui al comma 4.
9. Per gli anni 1999, 2000 e 2001, ai fini della concessione dei contributi integrativi di cui al comma 3, è assegnata al Fondo una quota, pari a lire 600 miliardi per ciascuno degli anni 1999, 2000 e 2001, delle risorse di cui alla legge 14 febbraio 1963, n. 60, relative alle annualità 1996, 1997 e 1998. Tali disponibilità sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici. Le predette risorse, accantonate dalla deliberazione del CIPE del 6 maggio 1998, non sono trasferite ai sensi dell’articolo 61 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e restano nella disponibilità della Sezione autonoma della Cassa depositi e prestiti per il predetto versamento.
10. Il Ministero dei lavori pubblici provvederà, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 1, ad effettuare il versamento all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2003 delle somme occorrenti per la copertura delle ulteriori minori entrate derivanti, in tale esercizio, dall’applicazione dell’articolo 8, commi da 1 a 4, pari a lire 67,5 miliardi, intendendosi ridotta per un importo corrispondente l’autorizzazione di spesa per l’anno medesimo determinata ai sensi del comma 1 del presente articolo.
11. Le disponibilità del Fondo sociale, istituito ai sensi dell’articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica al Fondo di cui al comma 1.
Capo V
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 12.
(Osservatorio della condizione abitativa).
1. L’Osservatorio della condizione abitativa, istituito dall’articolo 59 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, è costituito presso il Ministero dei lavori pubblici ed effettua la raccolta dei dati nonché il monitoraggio permanente della situazione abitativa. Il Ministro dei lavori pubblici, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce l’organizzazione e le funzioni dell’Osservatorio, anche ai fini del collegamento con gli osservatori istituiti dalle regioni con propri provvedimenti.
Art. 13.
(Patti contrari alla legge).
1. È nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato.
2. Nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.
3. È nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge.
4. Per i contratti di cui al comma 3 dell’articolo 2 è nulla ogni pattuizione volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale. Per i contratti stipulati in base al comma 1 dell’articolo 2, sono nulli, ove in contrasto con le disposizioni della presente legge, qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito.
5. Nei casi di nullità di cui al comma 4 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresí richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 2 ovvero dal comma 3 dell’articolo 2. Tale azione è altresí consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.
6. I riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso.
Art. 14.
(Disposizioni transitorie e abrogazione di norme).
1. In sede di prima applicazione dell’articolo 4 della presente legge, non trova applicazione il termine di novanta giorni di cui al comma 2 del medesimo articolo 4.
2. Con l’attuazione del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nell’articolo 6 e nell’articolo 13, comma 5, della presente legge al pretore si intende sostituito il tribunale in composizione monocratica e al tribunale il tribunale in composizione collegiale.
3. Sono abrogati l’articolo 11 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, nonché gli articoli 1-bis, 2, 3, 4, 5 e 8 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61.
4. Sono altresí abrogati gli articoli 1, 3, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 54, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 75, 76, 77, 78, 79, limitatamente alle locazioni abitative, e 83 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.
5. Ai contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data.
Art. 15.
(Copertura finanziaria).
1. All’onere derivante dall’attuazione dei commi da 1 a 5 dell’articolo 8, valutato in lire 4 miliardi per l’anno 1999 e in lire 420 miliardi a decorrere dall’anno 2000, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni per i medesimi anni degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 4 miliardi per l’anno 1999 e quanto a lire 299 miliardi per l’anno 2000, l’accantonamento relativo al Ministero dei lavori pubblici, nonché, quanto a lire 107 miliardi per l’anno 2000, l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a lire 14 miliardi per l’anno 2000, l’accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 15 dicembre 1998 – Supplemento Ordinario n. 203/L
Mercato immobiliare, Banca Italia chiede lumi agli Agenti Immobiliari
E’ il Sondaggio congiunturale pubblicato il 26 giugno 2009 su “Supplementi al Bollettino Statistico, Indagini campionarie“, Nuova serie, Anno XIX – 26 Giugno 2009, Numero 32.
Sono stati interpellati, con la collaborazione di Tecnoborsa, 929 Agenti Immobiliari che hanno risposto a un questionario tendente a reperire informazioni di prima mano sulle compravendite, sui prezzi degli immobili, sul volume di affari conclusi e sulle trattative portate a termine, e in quanto tempo, relativamente al periodo gennaio-marzo 2009.
Gli Agenti Immobiliari interpellati rientravano in un campione di 3.319 agenti, e di questi 929 hanno partecipato al sondaggio, con con un tasso di risposta del 30,9 per cento.
Quanto ai risultati principali, si tratta più di conferme che di smentite (sperate!) su quanto tutti continuano a ripetere: debolezza del mercato immobiliare, riduzione del numero di compravendite e conseguente abbassamento dei prezzi, anche se è invece complessivamente in crescita (ma ai livelli del periodo precedente) il dato relativo agli incarichi da evadere. Agli Agenti Immobiliari tuttavia la situazione non sembra essere peggiorata. Avvertono anzi qualche segno di miglioramento del mercato.
Al momento della rilevazione comunque prezzi degli immobili in calo, chi acquista lo fa in ogni caso quasi esclusivamente accedendo un mutuo.
Un dato che potrebbe risultare indicativo ed è quello relativo agli incarichi a vendere.
Da questo punto di vista “Il saldo tra le risposte in aumento e in diminuzione del numero di incarichi a vendere ancora da evadere alla fine del trimestre è rimasto pressoché invariato rispetto alla precedente rilevazione (32,6 punti percentuali contro 34,7; Tavola 4).”
Tuttavia qualcosa sembra essere cambiato o essere sul punto di cambiare: “La percentuale di agenti che indicano un aumento congiunturale del numero di nuovi incarichi è salita al 42 per cento (38,5 nel quarto trimestre del 2008) a fronte dell’invarianza (al 24 per cento) della quota di coloro che ne riportano una flessione.”
Ma allora dovrebbero essere almeno tendenzialmente in crescita anche le vendite o la conclusione della trattativa. Come mai non accade?
Secondo gli Agenti Immobiliari interpellati i prezzi a cui gli immobili vengono offerti sono troppo elevati, e per di più le banche non concedono facilmente un mutuo.
Conclusione: “L’assenza di proposte di acquisto a causa di prezzi di offerta ritenuti troppo elevati rimane la motivazione principale di cessazione dell’incarico a vendere (per il 65,9 per cento delle agenzie; Tavola 5), seguita da proposte di acquisto a prezzi ritenuti troppo bassi dal venditore (53,4 per cento) e da difficoltà dell’acquirente a reperire il mutuo (50,3 per cento).”
vedi anche: INDAGINE BANCA D’ITALIA
Fonte: QuotidianoCasa.it