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Cedolare Secca su Affitti, ora è Legge
Con l’approvazione ieri alla Camera della legge sul cosiddetto federalismo fiscale, vengono introdotte alcune novità di estremo rilievo, soprattutto per la tassazione locale sugli immobili. Da mesi si era aperto un vero giallo sul destino della cedolare secca intorno al 20% da applicare sui canoni di locazione; prima annunciata in occasione dell’approvazione della legge di stabilità, poi rimandata, ma ora finalmente di nuovo introdotta, a partire dall’1 gennaio.
In concreto, il proprietario che cede un immobile in locazione abitativa, potrà optare per due nuovi regimi fiscali: un’aliquota secca del 21% sul canone a mercato libero, del 19% per il canone concordato. Le aziende che locano un immobile continueranno, invece, a sottoporre il canone all’assoggettamento Ires.
Dunque, i risparmi potrebbero essere davvero importanti, soprattutto per i redditi più alti. Infatti, più alto è il reddito del proprietario dell’immobile, più alta è l’aliquota Irpef a cui fino ad oggi l’introito del canone era assoggettato. Nel caso di redditi marginali con aliquota al 43%, ad esempio, il risparmio è del 22% sull’importo annuo del canone (43% – 21%).
Per i redditi molto bassi, ad esempio, per i proprietari che dichiarassero reddito nullo, o al di sotto della soglia degli otto mila euro (la”no tax area”), è evidente che converrà tenere il vecchio regime.
Discorso un pò più complesso per il regime agevolato, ossia per la tassazione sui canoni concordati; la legge attuale, infatti, prevede un abbattimento dell’imponibile del canone del 40,5%, il che rende più complicato il calcolo, che secondo alcuni, renderebbe la nuova cedolare secca al 19% vantaggiosa per redditi superiori a 28 mila euro annui.
Fonte: Economia.Bloglive.It
http://economia.bloglive.it/cedolare-secca-su-affitti-ora-e-legge-2778.html
Piano Casa: Buzzetti, Riqualificare le Città anche con misure Prodi
Fare subito le semplificazioni necessarie per superare gli scogli incontrati nelle normative regionali e riprendere le misure sulle ristrutturazioni contenute nella finanziaria approvata dal Governo Prodi.
Perche’ il Piano Casa, rilanciato dall’attuale Esecutivo, deve diventare innanzitutto un ”Piano Citta”’, che punti a riqualificare le aree degradate delle nostre metropoli.
In un’intervista all’ASCA Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, l’Associazione Nazionale costruttori edili, spiega che il Piano Casa lanciato nel 2009 dal Governo Berlusconi di fatto ”ha fallito” perche’ ”si e’ infranto contro la sovrapposizione normativa” tra Stato e Regioni e ”perche’ non sono state realizzate le semplificazioni che tutti noi speravamo”. Il risultato e’ che ”i cittadini non lo conoscono e le imprese non sanno come fare”.
Pero’, adesso, dopo la serie di misure varate dal Consiglio dei Ministri per rilanciare l’economia del Paese, ”la sua attuazione e’ possibile”. Buzzetti, in particolare, auspica che il Cdm approvi subito le semplificazioni e che il Piano Casa, piu’ che all’aumento della cubatura delle villette private, punti soprattutto alla ”riqualificazione delle aree metropolitane”. Insomma, suggerisce il presidente dell’Ance, ”piu’ che un Piano Casa, deve diventare un Piano Citta”’.
Secondo Buzzetti, infatti, su questo l’Italia e’ indietro di ”60 anni” rispetto ai grandi Paesi dell’Unione Europea.
Bisognerebbe ”snellire le procedure e semplificare le norme per l’abbattimento dei vecchi edifici, per le ristutturazioni, per i cambi di destinazione d’uso”, incentivando al contempo ”il risparmio energetico” degli edifici.
Operazioni, queste, che ”non andrebbero a consumare territorio e non avrebbero un impatto su cio’ che ha un valore storico, culturale e paesagistico”. Per questo, Buzzetti sottolinea che l’Ance ”ha sempre sostenuto le misure contenute nella finanziaria di Prodi” come la detrazione Irpef del 36% sulle ristrutturazioni, l’Iva agevolata e gli sconti fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici.
Anche perche’, la ”frustata al cavallo dell’economia” che e’ nelle intenzioni del premier Silvio Berlusconi, ”non puo’ non passare per un rilancio dell’edilizia”. Un settore che ”in 3-4 anni potrebbe generare un valore pari a 50-60 miliardi di euro” e, dunque, essere volano di posti di lavoro. ”Si pensi solo – rileva Buzzetti – che un miliardo speso nell’edilizia equivale a circa 23mila occupati”.
Un settore che, pero’, sta soffocando tra ”i ritardi dei pagamenti alle aziende da parte delle amministrazioni” e il mancato sblocco dei fondi per le piccole (3,5 miliardi) e grandi opere (12 miliardi). Il presidente dell’Ance, a questo proposito, chiede chiarezza: ”il Governo ci dica se i soldi ci sono o no”. Anche perche’, aggiunge, ”senza garanzie pubbliche le imprese si trovano in difficolta’ nel chiedere credito alle banche”. Ma su quest’ultimo punto, precisa Buzzetti, l’Ance si sta muovendo attraverso una serie di tavoli con l’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, e coinvolgendo la Cassa Depositi e Prestiti.
Fonte: Asca.it
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