Termoautonomo non fa primavera

termoautonomoVia gli addobbi natalizi, le nostre case sembrano improvvisamente spoglie e ci riportano alla realtà della ripresa del periodo lavorativo. Sotto il bisogno di calore e coccole dell’inverno c’è già voglia di primavera, di rinascita e colore per dare il via all’allestimento di balconi e giardini.

Chi sostiene che la casa non sia il luogo delle emozioni alzi la mano e… ci spieghi perchè.

Il tempo che trascorriamo in casa, tanto o poco, vogliamo che sia il più possibile piacevole e che rispecchi l’idea che ognuno di noi ha di benessere e serenità. E questo cosa c’entra con la compravendita immobiliare? Chi compra o affitta una casa poi ne farà quello che vuole. Non fa una grinza. Siamo sicuri?

Chi cerca casa ha bisogno di un luogo dove dare riparo a sè e alla propria famiglia, come chi acquista un’auto ha necessità di spostarsi in autonomia, chi acquista un abito intende proteggersi dal freddo. Certo, ma che differenza corre tra un bene utile e un bene desiderabile? Per i pragmatici ortodossi, cito da una pagina di Jacques Séguéla (guru della pubblicità ovvero la disciplina della creatività finalizzata al business): C’era una volta in America un costruttore di automobili che viveva felice. La sua ditta – credo si chiamasse Nash – fabbricava due modelli: un coupé e una berlina che si stravendeva. Arrivò un nuovo presidente. La sua prima decisione fu di sopprimere il coupé. Le vendite della berlina crollarono fino al disastro. Cos’era successo? Gli americani compravano la berlina per i bisogni familiari ma si vedevano al volante del coupé. Uccidendo il sogno, era stata uccisa la marca.

Se il valore di mercato di un immobile si determina con parametri misurabili e riconducibili a tabelle, il valore intangibile, sicuramente più difficile da quantificare, è quello che lo rende distintivo, competitivo rispetto alla concorrenza con caratteristiche analoghe e che gli dà vantaggio nella trattativa. In una parola può essere l’interruttore che accende l’interesse.

Scrivere sull’annuncio TERMOAUTONOMO!!! tutto maiuscolo , in rosso e con tre punti esclamativi davvero ha ancora un senso? E se invece da un elenco di caratteristiche descrittive l’attenzione si spostasse ai desideri del potenziale acquirente, magari quelli inespressi  perchè fanno parte della sfera emozionale e personale?

Dietro la ricerca di ogni casa c’è un progetto di vita. Il potenziale acquirente, oltre che un investimento economico, sta per fare un investimento di natura emotiva. Il beneficio che si aspetta dal prodotto che intende acquistare ha a che fare con il suo futuro e quello della sua famiglia, con bisogni affettivi, di socialità, di espressione di una vita privata confortevole che lo riscatti dalla complessità di quella lavorativa. Se lo mettiamo al centro della nostra prospettiva e lo consideriamo un soggetto a cui prestare ascolto e a cui andare incontro con il prodotto che per lui sia desiderabile, allora far emergere la componente emotiva dell’immobile che gli proponiamo diventa l’elemento strategico.

Un buon intervento di Home Staging è questo. Ha la funzione di valorizzare gli spazi, illustrare la destinazione degli ambienti, esaltare i punti di forza, è vero ma per fare tutto questo adotta uno stile, sceglie colori e materiali, individua un tema. E con questo alfabeto può comporre il racconto della casa, diverso per ciascuna (e non necessariamente sdolcinato). Il risultato sarà una caratterizzazione fatta di atmosfere e di suggestioni che, con semplicità e senza bisogno di traduzione, parlerà dritta alla parte emotiva del visitatore per creare la famosa, preziosa e non ripetibile prima impressione.

Come ottenere il risultato probabilmente è frutto di un percorso personale per ogni home stager. Il mio segue all’incirca questi criteri:

  • Ogni casa, per essere valorizzata, ha il suo proprio racconto. Bisogna tradurlo in un concept su cui basare il progetto e da lì comincia il lavoro. L’allestimento nel suo insieme così come ogni dettaglio e ogni “scenetta” saranno orientati a concretizzare la “promessa” della casa ai suoi prossimi abitanti.
  • Non solo i soliti acquisti. Benvengano i prodotti e i fornitori che hanno il merito di offrire un fantastico rapporto qualità/prezzo ma circondati di originalità quanto basta per la creazione dell’emozione. Sporchiamoci le mani con qualche intervento di recupero e restauro, visitiamo mercatini e rigattieri, inventiamo soluzioni di quelle che si realizzano con niente o quasi ma fanno il loro effetto.
  • Mettere in scena il racconto della casa non significa creare un set descrittivo (con tutti gli oggetti al loro posto come se ci si dovesse girare un film) ma deve suggerire, dare una suggestione che il visitatore possa cogliere e identificarvisi. Non bisogna quindi farsi prendere la mano: pochi elementi ma scelti e inseriti con la massima cura.
  • Massima cura nell’annuncio perchè è il racconto della casa attraverso immagini e parole.
    • Fotografia. Innanzitutto le foto descrittive degli ambienti inframmezzate dai dettagli che valorizzano la componente emozionale. Però le foto descrittive che siano emozionanti e foto di dettaglio che siano allo stesso tempo un po’ descrittive mantenendo cioè la percezione dell’ambiente sullo sfondo o esaltando il tema del racconto.
    • Testo. La parte verbale dell’annuncio non può tagliare le gambe a un’emozione. Essenziale e completo, quello che conta è il tono. Non si può presentare una casa come una principessa e darle la voce di Tina Pica.
  • La visita è il momento in cui il racconto deve essere vissuto. E’ il momento in cui il potenziale nuovo abitante della casa deve vivere l’emozione che gli abbiamo preparato.

Mi è capitato più volte che un potenziale acquirente sia incredulo davanti alle foto e non creda di trovare realmente l’immobile che ha visto nell’annuncio. La visita deve superare le aspettative. L’ingresso deve portare in un mondo a parte. Tutti i sensi devono essere coinvolti. Personalmente suggerisco di lasciare che il visitatore giri la casa da solo per dargli il piacere di scoprirla e la discrezione necessaria a fargli vivere l’emozione senza interferenze. Aggiungere informazioni si può fare dopo, magari lasciando prima spazio alle sue domande.

Come sempre, ho esposto il mio punto di vista ma mi piacerebbe conoscere altri pareri ed esperienze pro e contro.

Chiudo con una sintesi che prende a prestito il vecchio aneddoto, tanti l’avranno già letto in rete, del mendicante a cui un passante aveva sottratto il cartello su cui era scritto “non vedente” per restituirglielo con una nuova scritta che all’incirca recitava “è primavera, voi potete vedere i mandorli in fiore, io no”. Da quel momento un inarrestabile tintinnio di monete piovve nel cappello del mendicante. Era bastato comunicare toccando la sfera emotiva per cambiare un comportamento.

Patrizia Ludovico

patrizia.ludovico@caseinscena.it

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Pubblicato il 21 gennaio 2016, in Post con tag , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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