L’agente immobiliare e il web sociale

claudiogagliardini

foto di Lorenzo Lucca

Cari Lettori (devo ammettere che è un attacco abbastanza vintage soprattutto in un contesto di web media) la prima intervista del 2016 vede protagonista Claudio Gagliardini esperto di web marketing (www.claudiogagliardini.it) con cui ho chiacchierato di agenti immobiliari e web sociale, come lui definisce la realtà on line, e di altre cose a mio parere interessenti per gli operatori e non.

Buongiorno Claudio, dopo aver parlato di new media e immobiliare con Alessio Beltrami, Rudy Bandiera e Riccardo Scandellari, non potevamo che continuare con te questa carrellata di chiacchierate fuori campo con professionisti della comunicazione che possano offrire spunti agli operatori del settore immobiliare.

d. Ricordando che hai pubblicato un libro in collaborazione con Ale Agostini dal titolo eloquente Social Google Marketing (acquistabile a questo link), come ti posizioni rispetto alle potenzialità di Facebook e Google?

r. Ciao Andrea, grazie per questa opportunità, in un settore che conosco abbastanza bene. Si tratta di un ambito estremamente competitivo, in cui però c’è grande spazio per tutte quelle realtà che sapranno sfruttare al meglio i canali, gli strumenti e le dinamiche della rete.

La materia non è di certo tra le più semplici, da declinare sul web sociale ma, proprio per questo, le agenzie e i professionisti del settore che sapranno farlo in modo creativo, focalizzandosi sulle relazioni e sull’interazione, piuttosto che limitarsi a spammare schede di immobili, fotografie e video delle proprietà che debbono vendere o affittare.

Competere sui motori di ricerca è pressoché impossibile, mentre i portali immobiliari tendono ad appiattire l’offerta e a determinare strategie di proposizione spesso sgradite agli utenti. Ecco perché occorre tornare alle basi e relazionarsi sui canali della rete, creando valore e diventando dei punti di riferimento, piuttosto che imporsi come presenze asfissianti, che nulla sanno aggiungere alle reali esigenze di chi usa la rete per cercare qualcosa in modo più semplice e intelligente.

d. Domanda a bruciapelo. Stando a quello che mi dici, negli ultimi anni si parla tra gli addetti di come arginare lo strapotere dei portali immobiliari: pensi che davvero Google e Facebook possano essere la soluzione per diversificare e soprattutto svincolarsi dall’egemonia dei portali?

r. Sicuramente, a patto che si utilizzino questi strumenti nel modo giusto, mirando ad attrarre gli utenti, piuttosto che disturbarli con pubblicità e comunicazioni inutili. Bisogna invece concentrarsi sui fondamentali del web sociale: condividere, interagire, coinvolgere, relazionarsi. Questo significa che, se si vuole ottenere dei risultati, attraverso l’utilizzo della rete, non ci si deve più concentrare esclusivamente sulla propria azienda e sui propri servizi o prodotti, ma aprirsi ad un approccio collaborativo e cocreativo, basato sulla reciprocità e sul rispetto.

Per essere ancora più chiari, se decidiamo di scrivere 3 cose al giorno, sulla pagina della nostra agenzia, 1 dedicata al nostro business e ai nostri servizi e prodotti è più che sufficiente. Le altre due dovranno necessariamente aprirsi verso il mondo esterno, senza paura di uscire troppo dal seminato o di regalare i nostri riflettori a qualcun altro. A proposito: se i nostri riflettori non fanno più luce di una candela, il motivo principale è proprio l’autoreferenzialità.

d. Quali sono le strategie migliori che si possono usare oggi?

r. La prima strategia da mettere in campo, e alla svelta, è quella che contempla l’abolizione di un vero e proprio handicap, da cui è afflitta la maggioranza delle aziende: il mantra “abbiamo sempre fatto così”, che ha concorso in modo significativo alla nascita e al protrarsi di quella che ci ostiniamo ancora a definire crisi.

Ciò che si è innescato poco dopo il 2000, invece, è un cambiamento epocale di cui facciamo fatica a comprendere la portata e che può essere sintetizzato semplicemente con due parole: “web mobile”. Il 21° secolo segna infatti un momento di discontinuità nettissimo, rispetto ad un passato che ci ha visti camminare a piccoli passi, dalla rivoluzione industriale in avanti.

Quello che ha funzionato per un centinaio di anni, benché troppo segnati dalle due guerre mondiali e dal successivo scontro “freddo” tra USA e URSS, per poter essere visto come un percorso lineare, dal web mobile in avanti non ha funzionato più e ci ha messi nelle condizioni di dover rivedere completamente il nostro modo di lavorare e di vivere.

Il problema è che la maggior parte delle aziende vive e lavora ancora nel “vecchio mondo”, lamentando una crisi da cui esse non si potranno sollevare, se non cambiando radicalmente pelle e cuore ed entrando con determinazione nell’era digitale. Quali sono le strategie che funzionano, dunque? Quelle che trasformano le vecchie aziende piene di carta, numeri e burocrazia in nuove realtà, più libere, liquide, capaci di lavorare con tutti gli strumenti che utilizzano i loro potenziali clienti e di rappresentare un punto di riferimento, piuttosto che un incubo da cui fuggire. Basta stalkerare le persone con telefonate continue e incalzanti, con email quotidiane, con SMS e lettere di carta che le disturbano e le irritano. Il tempo del pushing è finito, oggi occorre usare la calamita ed attrarre le persone, non il martello per stordirle, come facevamo 30 anni fa!

d. Io mi batto da un po’ per chiarire alla categoria quanto sia importante la qualità dei contenuti e dei messaggi, a dispetto della quantità. Condividi?

Condivido al cento per cento. E rilancio: dobbiamo andare oltre i vecchi schemi ed entrare nell’ordine di idee che la domanda non ha più bisogno di intermediari che la facciano incontrare con l’offerta; al contrario, però, le persone hanno sempre più bisogno di professionisti, esperti e consulenti che le aiutino ad essere certe che questo incontro non sia uno scontro o soltanto un’avventura fugace, ma una storia seria, che funziona davvero e che migliora la qualità della vita e le opportunità.

Non solo. La gente ha bisogno di punti di riferimento che sappiano gestire rapporti che durano nel tempo e che si evolvono. Hanno bisogno di “angeli custodi” che sappiano quando è l’ora di aprire le ali e di arrivare (subito, non tra una settimana) e quando debbono starsene buoni sulla loro nuvoletta, senza disturbare e senza interferire nelle loro decisioni e nella loro vita.

Quei contenuti di qualità, in sostanza, devono essere risposte alle domande che i nostri potenziali clienti non hanno ancora fatto; devono essere momenti di approfondimento, guide pratiche e, perché no, anche momenti di intrattenimento, senza paura di uscire troppo dal seminato o di essere troppo poco autoreferenziali, male incurabile che affligge la maggior parte delle aziende e che ne impedisce il successo sui media sociali.

d. In ultima, da utente, quali sono le caratteristiche dell’agente immobiliare dei sogni?

r. Deve essere un consulente, un amico, un punto di riferimento capace di andare oltre i propri interessi personali (che non sempre coincidono neppure con quelli dell’azienda che rappresenta) e di focalizzarsi prima di tutto sui miei. Non deve essere un santo, sia chiaro, e nessuno si aspetta che ci rimetta dei soldi.

Guadagnare dal proprio lavoro è lecito e nobile, ma affinché lo sia è necessario che gli aspetti etici siano tenuti nella giusta considerazione e che chi paga lo faccia in modo consapevole, convinto, con la soddisfazione di chi sa di aver speso bene i propri soldi.

Deve poi essere “smart”, saper utilizzare la tecnologia per non costringermi a fare giri a vuoto, a perdere tempo, a stampare documenti che non mi interessano o a perdere informazioni che mi sarebbero utili. Deve sapermi mandare un’email quando serve, oppure un messaggio su WhatsApp o su Messenger, se si tratta di una comunicazione più rapida e immediata, o di chattare o chiamare su Skype. In definitiva, deve conoscere gli strumenti tecnologici ed utilizzarli nel modo giusto, perché un SMS non è la stessa cosa di un’email e una Skype call non è uguale ad una comunicazione in chat e neppure ad una telefonata.

Deve avere uno smartphone e utilizzarlo bene, forse anche una fotocamera che faccia foto decenti (ma oggi le fanno bene anche gli smartphone, se sappiamo usarli come si deve). Deve saper utilizzare i social network, le App, i servizi della rete e, soprattutto, deve sapere quando usarli e perché, senza costringermi a desiderare di rivolgermi a qualcuno che non sappia usare nemmeno il telefono e che non mi disturbi.

A.R.

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Pubblicato il 16 gennaio 2016, in interviste, Post con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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