Il franchising in Italia. Ne parliamo con Mirco Comparini (IREF Italia)

Mirco Comparini -  Presidente IREF Italia

Mirco Comparini – Presidente IREF Italia

Ciao Mirco, spesso in Italia quando si parla di franchising non tutti hanno le idee chiare. Tu cosa puoi dirci di questa formula commerciale diffusa in tutto il mondo?

r. Intanto dico che hai ragione, è vero, le idee non sono molto chiare e le conoscenze anche meno e se a tale carenza aggiungiamo il fenomeno della crescita del settore, comprendiamo che si sta creando e progressivamente ampliando il divario tra la diffusione della formula commerciale rispetto alla crescita culturale sul e del settore e questo non è positivo né per il settore stesso, né per i suoi protagonisti.

Detto questo, è ovvio che proprio dal dato di fatto che il franchising è formula commerciale diffusa in tutto il mondo giunge già una positiva risposta ed una positiva valutazione sulla validità ed efficacia di tale strumento, della sua importanza per l’economia, per la crescita delle economie locali e globali. Posso dire che “amo professionalmente” il franchising da 20 anni, ma la mia convinzione è: “purchè ne sia fatto buon uso e, soprattutto, corretto uso”. Come dico spesso “un delicato strumento per la nascita, la crescita e lo sviluppo delle imprese”.

Infatti, il franchising, anche questo è un dato mondiale, proprio per le sue caratteristiche strutturali, ben si presta, e ben si è prestato anche in passato, ad un uso “distorto”, con tendenza al “fraudolento”.

Voglio confermare questo dato segnalando che in USA, la Federal Trade Commission ha pubblicato una specifica guida dal titolo “Buying a franchise: a consumer guide” e pongo in evidenza che quando si parla di un’affiliazione, si dice “To buy a franchise” (“Acquistare una franchise”) e un affiliato è definito “consumatore”, con le necessarie tutele. Quindi, un vero e proprio “prodotto da vendere” degno della massima tutela a favore del “cliente finale”.

Non a caso, in Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha preso molti provvedimenti a tutela degli affiliati, quali consumatori, per pubblicità ingannevole effettuata da molte reti. Io stesso, dal 2008, mi sono fatto portatore (fino a quel momento non si parlava molto di questo argomento) di un progetto editoriale in accordo con AZ Franchising scrivendo moltissimi articoli su tali provvedimenti.

Da considerare poi che il franchising non è l’unico strumento per esercitare una attività commerciale di beni o servizi a rete sotto la medesima insegna ed in alcuni paesi tutto ciò è molto chiaro e lo è anche in termini di obblighi/diritti, sui quali in Italia, a mio parere, siamo ancora un po’ indietro.

Dall’entrata in vigore della legge sul franchising in Italia cosa è cambiato per franchisor e franchisee?

r. Intanto la legge è stata utile a fare chiarezza e a definire “l’ambiente”. La legge era necessaria e se, da un lato, presenta elementi positivi, dall’altro, non poche sono le lacune e, in alcuni casi, anche eclatanti. Impossibile sintetizzare a quali lacune mi riferisco, posso solo rimandare ai molti miei interventi editoriali ed al mio blog.

Quindi, meglio avere tale legge che lasciare il settore non regolamentato.

Che cosa è cambiato? Ritengo che occorra dividere il periodo in due momenti, senza una linea di demarcazione definita.

Subito dopo l’introduzione della legge e per alcuni anni, molti potenziali franchisor di scarsa consistenza hanno rallentato la loro presenza sul mercato in quanto “demotivati” dalla presenza di regole molto importanti contenute nella legge stessa come la necessaria presenza di know how ed il suo trasferimento all’affiliato, la necessaria sperimentazione, il rischio di dolo in assenza di comportamento non trasparente, ecc., ecc..

Da alcuni anni, però, sembra che tali regole non interessano che a pochi ed è facile incontrare operatori che propongono il loro franchising senza aver effettuato il periodo di sperimentazione o senza aver codificato il know how da trasferire (in quanto non ne sono dotati), ecc., ecc., tutte attività che richiedono opportuni e anche consistenti investimenti e che molti potenziali franchisor sono ben lungi dall’effettuare.

Questo aspetto si lega alla scarsa conoscenza del settore da parte di molti potenziali affiliati e anche di molti professionisti e questo è un dato che molti potenziali franchisor hanno appreso molto bene così che, dotati solo di una buona immagine, si presentano ai vari eventi vendendo la loro (non completa) franchise e generando effetti distorsivi nel settore. Anche questo dato è facilmente riscontrabile essendo state effettuate anche indagini giornalistiche nel corso di fiere.

Altro elemento di distorsione è l’uso improprio del termine franchising, altro argomento sul quale l’AGCM è intervenuto spesso. Moltissimi ne fanno un uso non solo distorto ma spesso fazioso pur non avendo proprio niente in comune con tale metodologia di fare impresa. Alcuni esempi sono le denominazioni di “personal franchising” o “micro franchising” ecc., che nascondono rapporti di intermediazione, spesso a domicilio. Su questo, ad esempio, la legge non ha grandi armi.

Molti sedicenti franchisor, sanno bene che, una volta che un potenziale franchisee è entrato nel sistema “vuoto” effettuando anche non pochi investimenti, per uscirne o per ottenere risarcimenti ha davanti a se una via giudiziaria molto lunga e costosa e nel frattempo…

Che ruolo possono giocare le associazioni come IREF Italia?

Pur non avendo riscontrato un medesimo approccio verso IREF Italia (Federazione delle Reti Europee di Partenariato e Franchising), ritengo opportuno rispondere alla tua domanda senza entrare nel merito rispetto ad altre associazioni di riferimento per il settore. Per fare questo devo effettuare una descrizione delle caratteristiche di base di IREF Italia, associazione che aderisce alla omonima e storica associazione francese “IREF – Fédération des Réseaux Européens de Partenariat et de Franchise” e che, quindi, già con questa caratteristica costituisce un vero e proprio progetto associativo unico in Italia e in Europa. Un progetto aggregativo che mette al centro globalizzazione ed europeismo come risorse per liberare nuove energie. Una visione più ampia di mercato e ciò non solo in termini di prodotti, ma come bacino di idee, esperienze, professionalità, servizi, ecc..

Altro elemento importante è che, a differenza di molte affermazioni imprecise su IREF Italia quale “ulteriore associazione del franchising”, IREF Italia è, invece, la prima ed unica associazione nazionale che si dedica esclusivamente alle reti di commercio indipendente e di commercio associato che esercitano la loro attività con un unico marchio/insegna.

Quindi, è l’unica associazione rivolta al commercio, di beni e servizi, a rete. Ciò significa che si tratta di un contesto associativo ove, con tali caratteristiche, possono ritrovarsi operatori che adottano il franchising, ma anche il partenariato, il licensing, la concessione, la distribuzione, i consorzi, le cooperative, ecc., ma che, operando in termini commerciali a rete, condividono molte aspetti in comune delle loro attività.

Da non sottovalutare poi, altra caratteristica, è che, oltre agli interessi dei titolari di rete (franchisor, licenzianti, concedenti, ecc.), sono posti al centro dell’attività associativa e, quindi, possono aderire anche gli aderenti a reti (franchisee, licenziatari, concessionari, ecc.), dei titolari di catene a totale gestione diretta, di coloro che offrono servizi specialistici a tali imprese e degli aspiranti titolari di reti o aspiranti aderenti a reti.

Con lo Statuto che ne garantisce equa rappresentatività e poteri decisionali, si tratta di un’associazione a gestione condivisa e reticolare tra i players del settore con il loro diretto coinvolgimento, in perfetta coerenza con le caratteristiche peculiari del partenariato e del franchising, settori ai quali l’Associazione si rivolge principalmente, ma, come detto, non esclusivamente.

A conferma di tale volontà di gestione orizzontale e non verticistica, l’Associazione si è anche dotata di organi consultivi, denominati “Collegi” (dei Titolari di Reti/Catene, di Aderenti a Reti e di Consulenti ed Esperti), con attività rivolta a favore dell’Associazione e aventi lo scopo di fornire utili contribuiti per il raggiungimento degli scopi sociali e per la diffusione, il sostenimento, il miglioramento e la promozione delle forme di commercio organizzato indipendente a rete. Da tali organismi possono così maturare attività dedicate a specifici settori (esempio, immobiliare, ristorazione, ecc.) da parte di operatori interessati ad operare in gruppo tra Colleghi.

Ecco, questi sono i presupposti con i quali IREF Italia intende assolvere al proprio ruolo.

Aggiungo, infine, proprio per a corollario di quanto sopra, che a difesa del settore, degli operatori seri, delle reti che hanno tutte le caratteristiche sostanziali che rispettano il cooperativistico rapporto di collaborazione tipico del franchising, del partenariato e delle altre forme contrattuali, IREF Italia ha messo a disposizione dei titolari di rete la “certificazione delle reti” in collaborazione con Bureau Veritas, il leader mondiale delle certificazioni.

Tutti i titolari di rete, anche i “debuttanti”, comunicano da sempre proponendo l’originalità e la performance del proprio progetto e della propria organizzazione per attirare e mantenere i nuovi candidati entranti, così come alcune associazioni ritengono che l’adesione alle stesse sia sinonimo di pregi qualitativi in dotazione delle reti stesse. Si tratta sempre e comunque di autoreferenzialità che IREF Italia non intende adottare. Infatti, per chi riceve il messaggio, è difficile ottenere informazioni tangibili e verificabili che permettano di differenziare il valore delle offerte proposte dalle varie reti. Ciò comporta la necessità di una strategia di differenziazione che permetta di realizzare e dimostrare un elevato livello di qualità dell’organizzazione e del servizio presenti in una rete e la certificazione delle reti rilasciata da un soggetto terzo, come il leader mondiale Bureau Veritaws, oltre ad essere uno strumento di miglioramento interno alla rete stessa, consente ai candidati che desiderano entrare in nella rete di avere una migliore comparabilità tra la moltitudine di offerte proposte.

Così come i fornitori che lavorano con le reti potranno beneficiare di uno strumento di informazione obiettiva, senza escludere l’importanza di tale strumento da parte di altri portatori di interesse come le Banche che potranno meglio qualificare le proprie informazioni.

La questione è: le reti operanti in Italia, tanto più quelle italiane, sono in grado di poter affrontare questo strumento altamente selettivo ? In Francia, strumento già attivo sempre grazie a IREF e Bureau Veritas, tale strumento sta progressivamente creando una linea di demarcazione tra le reti, ovviamente a tutto vantaggio di coloro che si stanno certificando.

Questo è parte di ciò che IREF Italia intende attuare: trasparenza nel mercato, selezione degli operatori, informazione, formazione, cultura e valorizzazioni delle reti serie.

Nata nel 2012, quindi “giovane”, ma sull’esperienza ultratrentennale dell’omonima associazione francese, IREF Italia è ancora un progetto associativo molto ambizioso, ma che ha già contribuito in maniera consistente al settore e certamente altri apporti arriveranno prossimamente. Considerando che in Italia abbiamo l’idea delle associazioni come “sindacati”, per attività di tutela, difesa, patrocinio, come interlocutori “politici”, ecc. e considerando che, oggi più che mai, ognuno di noi può dare una valutazione sul risultato ottenuto, si tratta di comprendere se invece di “chiedere” la tutela solo con attività “politiche”, non sia il caso di impegnarsi ad “attivare” strumenti pratici e concreti che la tutela la generano automaticamente potendo distinguersi dalla massa di operatori, in un contesto dove la qualità, la serietà, la consistenza, ecc., sono sempre più difficili da riconoscere.

Curiosando su internet è possibile trovare diversi decaloghi sui vantaggi del franchising. Proveresti a stilare per noi il tuo personale elenco di motivi per cui aderire ad un franchising?

Dunque, ad essere sincero, in un articolo che ho scritto per AZ Franchising ho riportato 35 motivi che ritengo sicuramente validi per aderire ad un franchising, ma “serio”.

Sono troppi da elencare qua, ma ne estraggo alcuni che a mio parere sono molto importanti per un affiliato e verso i quali, purtroppo, non molti vi pongono attenzione. Facile sarebbe rispondere alla domanda sui vantaggi in termini di economie di scala, sulla riduzione dei tempi di start up, pubblicità collettiva, ecc., ecc.. Facile sarebbe una lista di tal natura, ma credo sia più utile stilare una lista su un argomento che accomuna i punti della mia lista. A mio parere, infatti, ed è qui che la selezione da parte di un candidato affiliato dovrebbe incentrarsi, un elemento importantissimo è la crescita e lo sviluppo personale e professionale.

Ecco, quindi, la mia (incompleta) lista dei preferiti “perché aderire ad una franchising”:

  • Ottenere conoscenze, competenze, capacità e risorse – Alcuni possono essere dotati della capacità di essere dei leader, ma ciò non significa essere dotati della capacità di fare l’imprenditore solo con i propri mezzi.
  • Un patrimonio di “proprietà intellettuale” – Aderendo a una rete di franchising è possibile entrare in possesso di una grande quantità di proprietà intellettuale che, nella maggior parte dei casi, non sarebbe stato possibile avviando un’attività in proprio.
  • Scambio di informazioni e dati – Accedere a un sistema di scambio di informazioni e dati che giungono da altre aziende che svolgono la medesima tipologia di attività, anche in parti diverse del paese (se non del mondo), consente di avere una visione di mercato assolutamente più ampia, precisa e puntuale.
  • Una “comunità” – Il franchising è una vera e propria “comunità”, un team, una squadra. Si fanno allenamenti insieme, si fanno confronti insieme, alleanze. C’è un senso di condivisione di intenti. Il fatto che gli altri possono interessarsi a quello che sta passando un franchisee (positivo o negativo) può essere incentivante o confortante.
  • Confronti di “alto business” – Partecipando a meeting, convention, riunioni gli affiliati hanno la possibilità di confrontarsi con i vertici aziendali, con i leader e ciò ha un grande effetto formativo, di crescita professionale e di stimolo assolutamente irraggiungibile per chi è “semplicemente in proprio”.
  • Un centro di ricerca – Il franchisor “serio” dispone di esperti e specialisti appositamente dedicati a sondare e conoscere il mercato con l’obiettivo di sapere ciò che funziona e ciò che non funziona condividendo tale conoscenza con i franchisee per migliorare la loro posizione nel mercato stesso.
  • Possibilità di crescita e espansione – In molti casi, in un sistema di franchising ci sono maggiori possibilità di “espansione assistita” con sviluppo in altre località e territori.

In sintesi, a mio parere, senza una reciproca crescita, le economie di scala, gli start up, i vantaggi economici, la pubblicità comune, il marketing di rete, ecc., riducono il loro valore, soprattutto ottengono una soddisfazione nel breve termine, ma non creano “senso di appartenenza” e sviluppo di valori. Il franchising, così come ancor più il partenariato, offrono questo, deve offrire questo.

Per concludere ti chiedo una chicca per i nostri lettori: come si fa a scegliere il franchising giusto?

La prima regola è: “non con superficialità”, caratteristica sempre più in uso.

Non raramente si “sorvola” sul fatto che trattasi di un settore che richiede una forte, elevata e specifica specializzazione e preparazione professionale proprio per la complessità degli elementi che lo compongono.

Già dalla risposta precedente, nella sintetica descrizione della certificazione di Bureau Veritas, si comprende bene che tale strumento nasce anche per le esigenze di potenziali affiliati intenti a scegliere e selezionare una rete (franchising, partenariato, ecc.) e che non sono certo in grado di svolgere tutte le attività di due diligence necessarie allo scopo che, invece, un ente certificatore può effettuare in collaborazione con il titolare di rete.

La scelta del tipo di franchising è molto difficile e delicata e va comunque fatta sulla base delle proprie attitudini e dei propri interessi. E la prima cosa da fare: una autoanalisi. Poi si può passare alla ricerca e successivamente alla valutazione del sistema di franchising più adatto alla propria situazione specifica, ai propri interessi ed alle proprie attitudini.

Chi viene a contatto per la prima volta con pubblicazioni specializzate o con manifestazioni dedicate al franchising ha spesso l’impressione di entrare in uno strano ed abbagliante supermercato dove il prodotto offerto è un marchio o una attività: ciò che l’aspirante affiliato deve assolutamente evitare è di lasciarsi prendere dall’ansia del consumo, cioè dalla voglia di cogliere il primo franchisor dall’aspetto accattivante e di avviarsi trionfante alla cassa.

Occorre, perciò, effettuare una serie di studi, analisi e verifiche in quanto una buona conoscenza del sistema di franchising a cui si pensa di aderire, dei suoi vantaggi e dei suoi inconvenienti, può contribuire ad evitare sgradevoli sorprese future.

Purtroppo, però, i potenziali franchisees non raramente si ostinano a non chiedere ad un consulente di fiducia la valutazione di un sistema di franchising e non raramente i consulenti scelti non sempre ammettono di non avere la necessaria specializzazione. Il motivo è molto spesso di tipo economico, per ambedue le parti. Chi intende iniziare una nuova attività o modificare la propria già esistente, si trova anche a dover “calibrare” le proprie risorse finanziarie a disposizione. I professionisti che ammetterebbero tale carenza richiederebbero di perdere il cliente. Ovviamente, una assistenza specializzata non è mai tempo e denaro perso, è solo ed esclusivamente un atteggiamento preventivo reso di fatto obbligatorio, ma nessuno potrà mai garantire la bontà della scelta e la sicurezza di aver fatto una buona scelta.

Quindi, il primo consiglio che oggi darei è chiedere ad un franchisor se ha la certificazione Bureau Veritas, ma, essendo troppo recente la sua disponibilità sul mercato, certamente questo elemento non è ancora facile da trovare.

In assenza di questo, la prima cosa da fare è imparare a memoria i propri diritti ed i propri doveri contenuti nella Legge n.129/2004.

Dopodiché, per gli approfondimenti occorre anche tenere presente l’anzianità e le dimensioni del franchisor.

Ovvio che per i più “anziani” o per gli internazionali, risulta tutto più facile. Non essendoci tempo e spazio per illustrare tutte le casistiche, vediamo la parte più complessa, quella per i franchisor più “giovani”.

A tali operatori occorre certamente formulare le domande e richiedere i documenti previsti dalla suddetta normativa e aggiungere queste richieste ottenendo documentazione comprovante le risposte:

–       Periodo di tempo della sperimentazione della formula e con quali e quanti punti pilota ubicati dove (per i marchi recenti).

–       Consegna dell’indice del Manuale Operativo.

–       Descrizione del piano di formazione iniziale e della formazione continua.

–       L’esperienza del manager del marchio.

Ovviamente queste informazioni non forniscono alcuna garanzia sulla veridicità del loro contenuto o sulla bontà del sistema di franchising, ma sono un opportuno test iniziale per verificare la trasparenza e anche una sufficiente consistenza del sistema così da poter proseguire in molte altre fasi necessarie per la valutazione.

Grazie Mirco per questa tua esaustiva disamina del franchising, di certo torneremo ancora sull’argomento!

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Pubblicato il 11 febbraio 2014, in interviste con tag , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

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