E se fosse la normalità?

Crisi o normalità?Un vecchio adagio recita che “con i se e con i ma la storia non si fa”.

Eppure quando parliamo di futuro, di prospettive, di domani è difficilissimo non far dipendere tutto da alcuni se e diversi ma.

Sono comuni per tutti frasi del tipo “Se le banche non riaprono i cordoni della borsa il mercato non riparte. Ma quando li riapriranno?” o ” Se il Governo non aiuterà il comparto, ma non sembra intenzionato a farlo.”

Ecco, viviamo tutti in un’interminabile trafila di se e ma. E allora che si fa?

Accertato che di quello che sarà oltre le volontà del singolo non possiamo dire, forse sarebbe meglio concentrarsi su quello che è.

La situazione attuale è figlia di una crisi, anzi di due. Nel 2008 abbiamo avuto la crisi dei subprime (e quindi immobiliare) e del mondo del credito in genere, e nel 2011 si è rincarato il colpo con la crisi dei debiti sovrani (in Italia dovremmo avere ben chiaro di cosa si tratta).

Oggi viviamo gli effetti di una congiuntura economica e finanziaria che per molti è stata devastante (altri invece ne hanno tratto grande vantaggio con massiccia attività speculativa). Da oggi viviamo nella normalità di una situazione che parte da lontano e che giorno dopo giorno è arrivata a intaccare pesantemente l’economia reale.

Il problema è che la soluzione ai danni generati dalla crisi non la si vede, vuoi per incompetenza di chi dovrebbe individuarla, vuoi forse per la volontà di mantenere questo status quo.

Che questa sia la normalità, e che ciò sia l’oggi nel quale noi dobbiamo trovare ciascuno per sé e insieme per tutti la risposta immediata, lo dicono fonti sempre più autorevoli.Paul Krugman (premio Nobel per l’Economia nel 2008) e Paul Summers (tra le altre cose ex segretario del Tesoro USA) sottolineano come questa situazione non sia da intendersi passeggera ma bensì ancora di lungo periodo. Se dunque siamo di fronte ad una normalizzazione pilotata di questa situazione economica e finanziaria, forse è meglio affrontare il quotidiano senza aspettare troppo che il domani volga al meglio a nostro favore.

Finché vivremo nell’attesa di tempi migliori resteremo schiacciati in una stasi che non potrà aiutarci a mettere le basi per un futuro solido.

L’immobilismo e il disfattismo sono sintomi di una crisi che ha ammalato il sistema e sfiancato un pò tutti. Noi Italiani siamo i maestri nello studio della filosofia dell’attesa, e cultori delle virtù straniere che accompagniamo quasi tutti con il sogno di trasferirci in posti migliori, senza interrogarci mai sul perché dalle altre parti stiano meglio di noi.Forse stanno meglio perché non fanno all’Italiana? Forse stanno meglio perché affrontano i problemi, si rimboccano le maniche e fanno di necessità virtù? Forse stanno meglio perché hanno smesso di lagnarsi del peggio ma stanno lavorando per non peggiorare la situazione (al peggio non c’è mai fine)?

Il buon proposito a questo punto dell’anno è quello di cambiare modus operandi nel quotidiano, perché la crisi in Italia è troppo spesso un alibi mentre per molti altri è uno stimolo, e se pensiamo che sia sufficiente cambiare paese o imprecare contro banche e governi per migliorare la situazione siamo fuori strada, se prima non modifichiamo il nostro approccio alle cose.

Perché questa è la normalità e non ci resta altro che affrontarla, volenti o nolenti.

A.R.

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Pubblicato il 20 dicembre 2013, in Post con tag , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. E d’altronde il raddoppio dei prezzi tra fine anni ’90 e primi duemila come si può reggere? Gli stipendi degli italiani sono sempre quelli, anzi: il monte stipendi cala. Le bolle si somigliano sempre tutte…..

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