Dire, Fare… Immobiliare
Anche quest’anno è giunto Agosto, altra conferma che in realtà la “crisi”, quanto meno per adesso, non è coincisa con la fine del Mondo.
Puntuale anche quest’anno – vedi che poi alla fine la storia si ripete? – è giunto il tempo delle ferie e dei primi bilanci.
Facciamo che rompiamo almeno una routine, e questo post agostano, quindi, non sarà sul cosa si possa fare per affrontare questo momento – che non è più soltanto un momento, ma è ormai la normalità -, anche perché, altrimenti, basterebbe rileggere il post di un altro agosto qualsiasi.
Riscontro, del resto, da più parti inviti e indicazioni, tutte giuste e condivisibili, su come si potrebbe e si dovrebbe gestire la professione immobiliare oggi, quindi sarebbe pressoché inutile sciorinare ricette e suggerimenti vari, che in questi anni sono stati più volte argomento d’interesse già anche di questo blog.
Piuttosto, in corrispondenza ai primi 100 giorni del Governo Letta, prendendo le mosse da uno dei provvedimenti adottati, ovvero il cosiddetto Decreto del Fare, lo spunto che mi viene da condividere con voi è, appunto, quello per cui, forse, è giunta l’ora di mettere da parte le teorie e le analisi, e affondare nuovamente le braccia fino ai gomiti dentro la quotidianità.
La quotidianità è tutte quelle cose che non ci piacciono. La quotidianità è tutte quelle cose che non si possono procrastinare. La quotidianità è accettare che viviamo in questo mercato, e che un altro ad oggi non ci è dato averlo.
Del resto, noi siamo il mercato. Tutti viviamo le stesse difficoltà, e siamo tutti spettatori e attori dello stesso momento storico.
La differenza, l’unica differenza che riesco a cogliere, è nell’atteggiamento che si adotta, nel modo in cui si sceglie di essere mercato, nel modo in cui ciascuno di noi sceglie di collocarsi rispetto alla realtà in cui vive, in cui tutti viviamo.
Il mercato è domanda e offerta, il mercato è modi d’acquisto, il mercato è prodotto, il mercato è competenza.
Il mercato c’è, esiste, è vivo come tutti noi che affrontiamo lo stesso mese d’Agosto, ma reagisce soltanto se sollecitato in maniera corretta da chi si dà veramente da fare.
Sono finiti i tempi del “Ci penserò domani”, perché, se ad altri livelli è concesso (?) rimandare le scelte e le decisioni importanti (soprattutto se influenzano i destini di terze persone), quando in ballo ci siamo noi non è concepibile aspettare.
Qualche giorno fa, su queste pagine è stato pubblicato un post sulla ripresa dei mutui, che ha attirato diversi giudizi negativi da parte degli scettici “Ma chi vuoi che creda che i mutui ripartano?”. Negli ultimi giorni, però, molti sono i media (ben più quotati rispetto a questo blog) che indicano come in atto una timida ripresa. Qualcuno inizia a vederci del vero, molti preferiscono negare fermamente che questa situazione possa cambiare. D’altronde il cambiamento spaventa sempre!
Nel 2006 pochissimi avevano intuito che la corsa dell’immobiliare stava per vivere una brusca frenata, la maggioranza pensava (o meglio sperava) che quegli anni potessero durare in eterno.
Eppure, oggi ormai contiamo l’anno quinto della crisi economica, che fa il pari con anni 5 o poco più di crescita costante. Ma quando ripensiamo alla prima parte degli anni Duemila è come se fossero durati 50 anni per quanto ci mancano, e allo stesso modo oggi questi 5 anni di contrazione ci pesano come fossero 50, per l’incapacità di fare sistema e di creare un modello di business che sia sostenibile, e, soprattutto, per l’assenza di strategie che ci possano condurre fuori da questa situazione.
L’Immobiliare ha bisogno di gente del fare, gente che scuote dalla base un mercato che sembra volersi arrendere piuttosto che reagire.
Per questo per me Agosto non è mai stato il mese delle ferie, il mese in cui “ne riparliamo a Settembre”, ma è il mese del “fare prima degli altri”, perché a Settembre, anche quest’anno, sarà tardi.
twitter @andrearussore
Pubblicato il 7 agosto 2013, in Post con tag blog, Governo Letta, Immobiliare, mercato, post. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 5 commenti.
Sante parole noi del gruppo ci crediamo e questo che in questo mercato fa la differenza
Emigriamo all’estero in cerca di cosa? Andiamo verso il nord Europa, e laggiù cosa troviamo? Troviamo tasse patrimoniali sempre presenti, politiche per la casa che sottraggono l’abitazione a logiche speculative, incentivi all’intraprendenza di chi lavora. Troviamo banalmente un atteggiamento opposto a quello italiano, specie in tema di fiscalità: e gli immobili non fanno eccezione.
C’è qualcosa che non capisco in tutto questo: gli italiani che fuggono vedono un evidente punto di forza nell’abitudine degli altri europei di tassare chi ha i soldi, e di reprimere i giochi speculativi sulla casa, ma anche sui capannoni. Ma se provassimo allora a fare queste cose qui, in Italia? Perché amiamo tanto provvedimenti che cerchiamo di non prendere mai in prima persona in patria?
Qualcuno di voi mi spiega come è possibile che ci troviamo torme di madri e bambini che occupano abusivamente palazzi vuoti e tornano dai genitori in una nazione nella quale esistono appartamenti sfitti sufficienti ad ospitare la Romania intera in giornata? Invochiamo continuamente il modello tedesco, ma abbiamo almeno capito cosa vuol dire? E se per una volta provassimo a portare un po di Germania in Italia, piuttosto che lasciar fuggire come al solito tanti italiani in Germania?
L’unica strategia è emigrare ,in Italia è solo tempo perso,la gente non sa piu cosa fare e se investire in immobili che con le leggi attuali sono a suo volta un peso,perchè non facilitano le cose a chi vuole investire per poi rivendere togliendo tasse e spese burocratiche, come si fa per le auto.Walter
Bravo Andrea, come spesso accade, mi trovi pienamente concorde!
Buone vacanze a tutti gli operatori de RE italiano!
Caro Raffaele, mi rimbombavano in testa le parole che mi hai detto qualche tempo fa… non è più il momento del dire. 🙂